20/10/2012 Sasso Bianco (Agordino)
Distanza totale: 13,7 Km (5,9↑ 6,7↓ 1,1↔)
Altitudine massima: 2.407 m
Altitudine minima: 1.230 m
Dislivello assoluto: 1.177 m
Totale dislivello: 1.191 m
Totale discesa: 1.191 m
Tempo totale: 07h 30′ (soste incluse)
Presenti: Cippe, Tabs, Paolino, Picco.
Dopo aver saltato, causa maltempo, la classica due giorni di fine estate eccoci a questa uscita ottobrina svoltasi di sabato in una giornata che a dir splendida non basta. La nostra meta è la cima del Sasso Bianco. Partenza alle 6:15 ed arrivo in loco intorno alle 9. La prima fatica la affronta la Scenic di Tabs, lungo la breve ma ripida salita da Santa Maria delle Grazie a Caracoi Agoin. La lancetta della temperatura dell’acqua, quasi al massimo, ci costringe ad una pausa di qualche minuto. Arriviamo a Caracoin Agoin, situato a 1256 mt, alle ore 8:55.
Caracoi Agoin. Quota 1256 m. Tempo 0. Distanza 0.
Parcheggio, vestizione e via subito a camminare perché fa freddo e dobbiamo scaldarci. Prima però devo mettere in funzione il mio nuovo giochino, il GPSed, che permette di creare una traccia del percorso con le coordinate geografiche, il tempo, la distanza percorsa, e tante altre belle cose compresa una bussola. Pochi minuti e tutto è pronto, 8 satelliti in triangolazione, si parte. Dietro di noi un cartello indica il sentiero per la cima del Sasso Bianco, senza indugiare attraversiamo le poche case di questo caratteristico paesetto Alleghese lungo una strada che poco dopo diventa sterrata e quindi sentiero subito dopo l’ultima abitazione del paese. Il percorso prosegue all’ombra lungo un bel bosco, attraversiamo un torrente e raggiungiamo, in circa 35′, Bramezza a 1350 mt. Qui, sopra una delle tante vasche tipiche di questa zona, dove scorre acqua fresca e potabile, un cartello indica chiaramente la direzione per il Sasso Bianco. Di vasche ne abbiamo trovate anche di più carine, come questa, fotografata dal Tabs, che non è proprio una vasca. Riprendiamo il cammino, ormai la strada è diventata sentiero e sempre attraverso il bosco ed all’ombra raggiungiamo in circa 40′ Casera Bur a 1650 mt. C’ è parecchia neve e questo ci impensierisce un pochino, cosa troveremo più avanti? Intanto però diamo una sbirciatina all’interno della casera che è perfettamente agibile, sviluppata su due piani: sotto una zona pranzo/cucina, un camino, legna pronta con tanto di diavolina, sopra la zona notte con dei materassi. Se qualcuno vuole fare una grigliata estiva può approfittarne. Il sentiero prosegue sempre in salita a tratti ripido e faticoso fino al raggiungimento del monte Piz dove è chiaramente visibile la zona da cui si è staccata la frana che ha dato origine al lago di Alleghe (approfondimento), siamo intorno a quota 1900 mt. Finalmente il sole ci fa compagnia, ma anche la neve soprattutto nei tratti in ombra. Il sentiero prosegue sempre in salita, ma meno ripido fino ad un’ampia radura con una pozza d’acqua completamente ghiacciata ed un gruppo di Tabià, piuttosto malmessi, tutti in fila, allineati, sembrano delle villette a schiera, sono i Tabià Forca (1h 50′ dalla partenza) e poco più avanti i Tabià Lariz. Il percorso continua ora più docile lungo il versante sud del monte Forca. Il bosco si dirada, lasciando spazio ad ampi prati erbosi. Continuiamo quindi intorno a quota 1900 fino a raggiungere la nostra prima meta.
Forcella tra il Sasso Nero ed il monte Forca. Quota 1960. Distanza 6,7 km. Tempo 2h 20′.
Dalla forcella è ben visibile il rifugio Sasso Bianco che lasciamo sotto di noi alla nostra sinistra. Attenzione al bivio poco prima della forcella, bisogna tenere la destra, i cartelli sono situati dopo di esso e se si sbaglia si scende giù verso il rifugio Sasso Bianco, ben visibile dalla forcella situata a quota 1955 mt. Breve pausa di ristoro per dissetarsi e mangiare qualcosa. Ora dobbiamo raggiungere una seconda forcella situata tra il Sasso Nero ed il Sasso Bianco. Il sentiero continua docile e per nulla faticoso, ma la neve ci costringe a prestare attenzione, le ghette sarebbero state utili. Eccoci alla forcella numero due, siamo a quota 2102 mt dopo circa 3h di cammino. Breve pausa per osservare il panorama e poi si parte per l’ultima fatica odierna, in salita, verso la cima del Sasso Bianco. La traccia è evidente sin da subito, un solco nero sul prato erboso. Il tratto iniziale è ripido, troviamo pure un piccolo tratto attrezzato, pochi metri in realtà, poi dopo uno scalino di terra la pendenza si attenua ed il percorso continua a salire più dolcemente, si distingue bene la cima da raggiungere, al centro nella foto. Proseguiamo con attenzione cercando due ometti che indicano l’inizio di un percorso alternativo dato per meno faticoso. Troviamo un bivio per salire a cima Pian, ma dopo una breve consultazione sulla mappa tiriamo dritti. Ad un certo punto ci fermiamo dubbiosi, stiamo andando troppo avanti e scrutando il pendio erboso davanti a noi scorgiamo alcuni paletti con pittura bianca. E’ la traccia ufficiale che sale verso la cima attraverso, appunto, il ripido pendio erboso: devastante. Saliamo a zig zag per attenuare la pendenza e pian piano, chi prima chi dopo, un passo dopo l’altro arriviamo in cima.
Sasso Bianco. Quota 2407. Distanza 8,6 km. Tempo 4h.
Che fatica! Il panorama però ci fa dimenticare il fiatone. Subito davanti a noi si erge la Marmolada, verso nord il Pelmo, più a destra il Civetta. La giornata è splendida, non ci sono nubi, il cielo è limpido e lo sguardo arriva fino in Austria, riconosciamo le Tofane, le Conturines, il gruppo del Sella. Controllo anche il nuovo giochino, la traccia è completa, ma con sorpresa la quota è sbagliata di 60 mt in più, in un controllo successivo, la differenza risulterà sempre costante fin dalla partenza, da approfondire, forse c’è bisogno di qualche aggiustamento. Non cambio la batteria utilizzando quella di scorta e questo mi costerà il completamento del giro, pazienza, mi servirà da lezione per la prossima volta. A qualche altro monte diamo il nome grazie alla carta, per il resto ci pensa l’uomo nero che intavola una vera e propria lezione di montagna col “scaveion”, più attaccaticcio di una mosca. Durante la pausa di circa 30 minuti non hanno fatto un secondo di silenzio. Bivacchiamo quel tanto che basta per rifocillarci, qualche foto ad un gruppo di stambecchi che poltriscono tra le rocce sotto di noi, e ripartiamo in discesa. Ovviamente prendiamo la traccia meno faticosa, siamo curiosi di vedere dove sbuca e se ci sono o no questi due benedetti ometti. Appena partiti dopo essere scesi di un centinaio di metri, alla nostra sinistra gli stambecchi di prima, ma molto più vicini. E’ incredibile come non abbiano la minima paura di noi umani. Ci avviciniamo, fotografiamo, finalmente uno dei più grossi si alza e se ne va passandoci veramente a poche decine di metri, belli! Riprendiamo a scendere fino a raggiungere una forcella tra il Sasso Bianco e cima Pian. Da questa forcella la traccia scende fino ad incrociare il sentiero ufficiale ed effettivamente sembra più semplice da farsi in salita, anche se in discesa è facile a dirsi. Quando sbuchiamo di sotto ecco i due ometti, belli, grandi, inequivocabili, come abbiamo fatto a non vederli prima ? Come riferimento può essere utile una piccola pietraia, macchia inconfondibile nel pendio sempre erboso, nei pressi della quale appunto ci sono questi due ometti. Prima di arrivare alla forcella numero due una freccia indica per il Giardon, il percorso del nostro rientro. Proviamo a prendere questa direzione, su un tratto con un bel po’ di neve, ma non troppo alta, pochi centimetri. La traccia però conduce ad un precipizio dove è presente una ferrata che scende ripida di sotto, ma nessuno di noi ha portato l’attrezzatura. Torniamo sui nostri passi lungo il sentiero ufficiale. Appena passato il Sasso Nero, diciamo a metà strada tra le due forcelle percorse al mattino prendiamo la deviazione per il Giardogn. Il sentiero sembra quasi una trincea, e dopo un pò si infila in una fitta boscaglia, la selva oscura. La luce si attenua, la neve aumenta ma dopo pochi minuti ne usciamo fuori e proseguiamo sempre in discesa su terreno erboso. Arriviamo sul Giardon intorno alle 15. In questa radura ci sono molti tabià, appunto Tabià Giardogn, diversi dei quali ben ristrutturati, ci sono perfino degli operai al lavoro, ed il panorama verso Pelmo e Civetta non è niente male, notiamo anche un bel boschetto di Larici che ha del fiabesco. Da qui la discesa prosegue su strada sterrata con una pendenza niente male, a tratti veramente vertiginosa che costringe ad usare pesantemente i bastoncini per aiutare le ginocchia. Poco prima di arrivare a Caracoi Cimai, su un tornante verso sinistra, prendiamo una traccia a destra che prosegue nel bosco in direzione di Carcoi Agoin. Sbuchiamo così sulla strada a poche decine di metri dal paese. Scendiamo per prati fino all’auto, un’ultima foto, è fatta, sono le 16:30 è ora di tornare a casa.
Carcoi Agoin. Quota 1256. Distanza 13,8 km. Tempo 7h 30′.
P.S.: Il nuovo link “altimetria” permette di verificare tutto il percorso fatto, con indicazione dell’altitudine (corretta a mano), la distanza percorsa e ovviamente la posizione geografica: fantastico !
Però che sito tecnologico….