28-29/02/2016 Amacata Bisesta
Prima di raccontarvi di questa escursione è necessaria una breve introduzione. L’amacata bisesta è una tradizione ardita nata nel 1992 dall’idea di alcuni giovani in erba desiderosi di mettersi alla prova che consiste nel passare la notte a cavallo del 29 febbraio in amaca, si ripete ovviamente ogni quattro anni, e dal 1992 la tradizione è sempre stata rispettata. Sono pochi coloro che possono vantare la partecipazione a tutte le edizioni, per qualcuno è la prima volta (io per esempio).
Presenti: vedi sotto il rito del sigaro.
Detto ciò andiamo alle 7 e 40 di domenica mattina orario esatto di partenza dal parcheggio dell’Explora, punto di ritrovo. Decidiamo di fare la Valsugana, piove molto forte, ma il brutto tempo ci interessa relativamente anche perché in quota la fastidiosa pioggia si tramuterà in bellissimi fiocchi di neve. Il ritmico tamburellare delle goccie ci accompagna fino a Borgo dove iniziamo avedere i primi fiocchi di neve. Una luce nuova ci accoglie a Pergine, il bianco tutt’intorno ci riporta ad un clima natalizio ed inizia a scaldare il nostro spirito, almeno il mio. Scendendo verso Trento torna la pioggia che non ci abbandona mai fino a Don, ridente paesino della Val Di Non e nostro punto di partenza. Per prima cosa dobbiamo consumare la colazione visto che abbiamo fatto tutta una tirata saltando la consueta sosta, e pensare che avevamo ritirato le meravigliose brioches prenotate il sabato precedente la partenza alla pasticceria di Pontevigodarzere (eccezionali). Ecco la foto che testimonia l’inconsueto brindisi corroborato da un thermos di caffè caldo.
Ma non abbiamo tempo da perdere, organizziamo il materiale sui due bob, cibarie, qualche zaino e gli accessori per l’amacata, carichiamo tutto sulla mitica Jeep di Olivo che ci da uno strappo, purtroppo solo poche centinaia di metri, ma meglio di niente. Scaricato tutto il materiale sul sentiero, iniziamo il traino.
In due tiriamo il primo bob, tre tirano il secondo e a turno gli altri rimpiazzano i caduti che crollano esausti sotto il tiro incessante e costante dei Bob che colpiscono soprattutto da dietro e più raramente, dopo un improvviso sbandamento, anche d’infilata. A parte i Bob che operano sullo stesso terreno d’escursione e quindi sono più prevedibili, ciò che rende più ardua la salita è il costante attacco dall’alto di milioni di gocce di pioggia, è vero previste nella fase inziale dell’ingaggio, ma inaspettate a quote più elevate e dopo ore di cammino. La pioggia: battente, incessante, umida, fastidiosa, penetrante, odiosa, soprattutto per chi non è dotato di poncho come me. Guardo con invidia i miei compagni d’avventura più attrezzati, e penso a stamattina quando io e la mia cerata ci siamo guardati, mentre i miei pensieri tentennavano, la prendo o non la prendo, e mentre la guardavo indeciso sul da farsi sono sicuro di averla sentita implorare: “portami via con te, ti prego!” Ma alla fine la decisione è stata per il NO! Coion, penso fra me e me.
Verso i 1500 metri finalmente smette di piovere scende solo neve che però si attacca alla giacca ormai fradicia e si scioglie all’ istante, mentre sugli abeti intorno a noi si accumula creando un paesaggio da cartolina. Continuiamo a salire, la fatica si fa sentire, sono tre ore ormai che tiriamo i bob, e le gambe iniziano a lamentarsi, le energie sono agli sgoccioli, possibile che non siamo ancora arrivati?
Testimonianza video: Che fadiga !
Provo a cercare la traccia dell’altra escursione fatta nel 2014, ma non riesco a trovare riferimenti, san Google ci viene in aiuto, la mappa ci fa capire che siamo nella strada giusta e che manca circa un chilometro, a spanne. Più che un chilometro sembra una maratona quest’ultimo tratto, il traino del secondo Bob decide di mollare e lascia il suo carico in balia del nemico, dal mio Bob io invece non mi stacco, raggiungerà la meta con me vivo o morto, non esiste che devo tornare prenderlo. I mie compagni alleggeriti dal pesante fardello raggiungono la meta ed iniziano le opere di bonifica sul territorio.
Ancora poche centinaia di metri poi ecco lo spazio aperto della malga, lo riconosco subito, torna il sorriso, ci siamo, ancora un piccolo sforzo ed ecco la baita, sarà la nostra reggia (quasi come quella di Caserta) per le prossime 24 ore. Guardo l’orologio, quattro ore, guardo Bob, lui mi fissa e sussurra sottovoce, sono sicuro di averlo sentito: “una passeggiata!”.
Subito accendiamo il fuoco dentro e fuori, arriva legna a volontà dalla legnaia mentre qualcuno taglia la soppressa, facciamo uno spuntino, finalmente un po’ di riposo, di calma, torna il sorriso, la normalità, il vino sul davanzale, la soppressa sul pane caldo, il fuoco acceso che scoppietta e che scalda. Pensate che lo scoppiettio del fuoco è tra i rumori più amati (sesto posto) e addirittura al terzo posto c’è quello della camminata sulla neve, si in piano forse e senza Bob al traino (fonte), tra quelli più odiati invece noto che non ci sono le scoreggie, quindi ….
Una volta rifocillati un gruppetto torna a prendere il Bob abbandonato gli altri iniziano la preparazione della cena, tra una cosa e l’altra ne approfitto per perlustrare il territorio intorno trovando uno stupendo posticino per la mia amaca, eccolo. Intanto rientra anche il secondo carico, fondamentale per poter cenare come si deve. Ormai inizia a fare buio, ma il fuoco è più vivo che mai, la baita comincia a scaldarsi e sul tavolo inizia la preparazione della cena. Menu:
Spezzatino (preparato a Padova e solo da scaldare)
Involtini di radicchio e spech (preparato in loco)
Polenta bianca e gialla (cucinata il loco)
Vino (damigiana da 5 lt suddivisa in varie bottiglie)
Dolce (confezionato)
Arachidi (due sacchi)
Grappa (una bottiglia)
Sigaro (acceso in loco)
La cena inizia verso le 19 e 30. Alle 21 iniziano i riti, sono il preludio all’accensione dei sigari, uno a testa, questa volta non si sottrae nessuno alla fumosa prova: Pedro, Matteo, Bruno, PaoloV, Cippe, Fede e PaoloG.
La serata scorre piacevolmente mentre i discorsi che si alternano su temi politici, lavorativi, sessuali, familiari e di svago, si fanno via via più lenti, le parole si allungano, si deformano e diventano sempre più divertenti ma estranee. Ci rendiamo conto di essere diventati stranieri, parliamo insomma un’altra lingua, verso la mezzanotte decidiamo di andare verso le amache. Improvvisamente ricordo che dovrò dormire da solo, i miei amici si sono tutti posizionati dalla parte opposta della baita. Ci penso, un attimo, proprio una frazione di secondo, prima di decidere che cambierò posto. In pochi minuti smonto tutto e sono già attaccato sugli alberi proprio di fianco al resto della truppa, ecco la nuova location. Scatto l’ultima foto alle 00:30 poi entro nel sacco a pelo ed un inaspettato calore pervade le mie membra, cerco aria fresca nell’unico pertugio offerto dal mio bozzolo e resto ad ascoltare i rumori della notte: il vento che ulula incessante, gli amici che russano, le fronde degli abeti che si piegano, la neve che cade sui nylon, e proprio questo rumore mi sveglia al mattino in uno dei rari momenti di vero sonno. E’ chiaro, il silenzio impera, a parte il vento e la neve che cade, non sento nessuno muoversi. Faccio qualche foto, giusto per testimoniare, e poi mi dirigo verso la baita con l’intento di accendere il fuoco pensando di essere il primo, sono le 9 del mattino.
La sorpresa è grande quanto piacevole nel vedere che qualcuno mi ha preceduto, entro nella baita già calda, il thè pronto sulla stufa ed il rumore del caffè che sale sulla mocca, sono al settimo cielo, quasi come in albergo. Fuori nevica alla grande ed è uno spettacolo.
Testimonianza video: Che nevicata !
Dopo aver fatto colazione, e sistemato la baita, foto di rito prima del rientro. Intanto smette anche di nevicare e spunta pure il sole, incredibile. La discesa è una vera passeggiata, e a parte un breve tratto nebbioso, tutto fila per il meglio e senza troppa fatica, in un’ora e mezzo siamo a Don. Non ci resta che ricaricare tutto in auto e rientrare a Padova, ma solo dopo uno spuntino a base di pane e gorgonzola, vino ed un bicchiere di grappa offerto da Olivo.
Saluti e baci, bravi tutti, alla prossima amacata, ci sarò.
Paesaggio fiabesco, belle immagini e bella compagnia come sempre del resto…..
Se la salute mi assiste nel 2020 ci sarò ancora.