21/08/2016 Giro del Pelmo
Distanza totale: 14,9 Km (6,0↑ 5,3↓ 3,6↔)
Altitudine massima: 2443 m
Altitudine minima: 1764 m
Totale salita: 1215 m
Totale discesa: -1215 m
Tempo totale: 06:42:20
Presenti: Andrea, Cippe, Fede e Tride.
Eccolo qua il giro del Pelmo. Partiamo il sabato pomeriggio, ci ospita la famiglia Tridello nel campeggio sito a Pian de Spin (non cercatelo nei navigatori). Si tratta di un campeggio autogestito sito poco oltre passo Staulanza proprio sotto il Pelmo, la foto dell’articolo è stata scattata dal campeggio poco prima del tramonto. Collaudiamo così tenda, fornelletto e sacco a pelo (nel mio caso tutto nuovissimo) in previsione del giro delle Marmarole, con esito direi positivo.
Come dicevo cena in roulotte da Tride e famiglia, grazie Chiara per la generosissima carbonara (bis per tutti) e l’allegra serata, quindi verso la mezzanotte decidiamo di spostarci in tenda. Poco dopo le sei siamo in piedi ed inizio ad armeggiare con gli strumenti per la colazione. Il menù prevede uova con speck, yogurt con cereali di vario tipo, fette biscottate, marmellata, miele, the, qualcuno mangia, qualcuno guarda. Ci spostiamo quindi in auto al passo Staulanza, si potrebbe in realtà partire anche dal campeggio, ma siamo pigri. Alle ore 8:15 circa siamo in cammino.
Passo Staulanza. Quota 1766. Tempo 00.
Di fronte al rifugio Staulanza vi è uno degli accessi all’anello Zoldano che decidiamo di intraprendere in senso antiorario sul sentiero 472 in direzione rifugio Venezia. Il percorso si snoda all’interno di un bel bosco di abeti e larici, quindi all’ombra, ed in questa prima parte è sostanzialmente in piano. Spesso si cammina su ponticelli o assi di legno posizionate a terra per evitare tratti acquitrinosi. Ci sono diversi incroci con altrettanti sentieri, il primo è in località “pala delle dee“, dove parte il sentiero verso le orme di dinosauro che abbiamo evitato (simpatico commento scritto a penna sul cartello: “E’ una cagata ed è anche pericoloso”, scrive un turista, sono pur sempre orme di essere viventi che sono passati di qua qualche milione di anni fa, ciò è quantomeno affascinante anche se effettivamente le orme sono piccole e su un unico masso, se la cosa vi incuriosisce meglio visitare quelle di Lavini. Proseguiamo in leggera salita, la vegetazione si dirada ed iniziano a farsi vedere il Pelmo sulla sinistra ed il Civetta sulla destra, intanto raggiungiamo “Le Mandre” dove arriva il 473 e poi “I Lach” dove arriva il 799 già percorso nel 2014, vedi articolo. Dopo aver passato questo punto si apre la visuale verso il passo di Rutorto (mt 1931) dopo il quale in pochi muniti si arriva al rifugio Venezia.
Rifugio Venezia 1946 mt. Tempo 2h 30m.
Pausa contemplativa sul panorama dal rifugio, poi proseguiamo in direzione forcella Arcia, qui ci aspetta il tratto più faticoso, come si evince dalle foto il sentiero si fa più ripido e su terreno più instabile, ma non scivoloso, è il sentiero Flaibani. Si incrocia un bel masso con le indicazioni per la normale di salita al Pelmo, quindi si intravede una forcella che non è la Arcia, nascosta dalle Crode di Forca Rossa. Il panorama da qui è già notevole.
Ora si vede forcella Arcia e da questo punto il sentiero diventa molto spettacolare, ci sono alcuni metri con corda fissa, ma secondo me utili solo a chi soffre di vertigini, non è necessario a mio personale giudizio portarsi dietro l’imbragatura, da questa foto si può vedere la forcelletta appena passata, il sentiero su ghiaione proveniente dal Venezia ed il panorama da quassù. Dopo una parte in leggera salita, scavata sulla roccia dove il rosso ammonitico affiora frequentemente, lo sguardo volge sempre più spesso all’ultimo tratto, vertiginosamente ripido. Prima di affrontarlo uno sguardo a quanto percorso dalla forcelletta fino all’attacco dell’ultima salita che può essere affrontata da sinistra seguendo una traccia dritta e ripida o da destra dove il sentiero sale a zig-zag mitigando la faticosa ascesa, eccola finalmente forcella Arcia, ci siamo.
Forcella Arcia 2476 mt. Tempo 4h 30m.
Lo spettacolo da qui è notevole, si verso nord che verso sud, in particolare spicca la Marmolada, ma è ora di rifocillarsi e godere con calma di questo spettacolo. Si mangia. Riprendiamo in discesa seguendo una traccia inequivocabile, secondo me però dopo un po’, bisogna spostarsi a destra su un’altra evidente traccia che porta al rifugio città di Fiume, non lo facciamo e ciò ci porterà inevitabilmente ad affrontare un noioso ghiaione dove la nostra traccia si perde diverse volte nascosta dai continui movimenti della montagna. Assistiamo in diretta alla caduta di un masso notevole, attirati dal frastuono lo vediamo rotolare fortunatamente distante da noi, più in alto, Andrea rimane incantato a guardare, lo vedo anch’io per un attimo, impressionante, un solo masso, immagino cosa potrebbe essere una frana. Tornando a cose più piacevoli mi incanta anche questo papavero di montagna, sia per la posizione in cui è cresciuto, così solitario in mezzo ad una infinita distesa di pietre grigie, sia per il particolare colore arancione acceso, di solito sono gialli. Finalmente usciti dal ghiaione e ritrovato il sentiero ufficiale mi volto indietro e vedo chiaramente il percorso che avremmo dovuto seguire. Ancora un bivio verso lo Staulanza, i segni indicano di seguire la traccia più bassa, la 472, ma noi percorriamo la traccia più alta, la 480, che inizialmente scende poi sale un pochino, rasenta le pareti della Crepa Toronda, sotto il Pelmetto, entra nuovamente nel bosco e poi scende rapida verso il passo Staulanza nostro punto di arrivo.
Passo Staulanza 1476 mt. Tempo 7h 15m (pausa gps per il pranzo di circa 45m).
Giro meraviglioso, grazie ai presenti per la compagnia, alla prossima … con la promessa di puntare alla cima del Caregon nel 2017.