03/06/2017 Ferrata delle Aquile (Andalo)



Distanza totale: 12,4 Km
Altitudine massima: 2131 m
Altitudine minima: 1103 m
Totale salita: 359 m
Totale discesa: -1762 m
Tempo totale: 06:06:59 (esclusa sosta pranzo)

 

Presenti: Barbara, Cippe, Pedro, Stefania.

Partiamo per l’escursione il sabato a causa del tempo incerto previsto domenica perdendo così Federico impossibilitato ad anticipare. Prendiamo l’autostrada A4, poi A22, usciamo a Trento nord e saliamo verso Andalo. Arrivati a Fai della Paganella ci fermiamo in un bar del centro a degustare un buon caffé quindi procediamo verso passo Santel dove parcheggiamo. Rapida vestizione e via di corsa verso la biglietteria per gli impianti che salgono alla Paganella, siamo un pò in ritardo. Ci mettiamo in coda, è pieno di bikers, alla cassa un gentile addetto ci informa che l’impianto in questo periodo della stagione fa solo metà corsa, lasciandoci pregustare gli ultimi 700 mt di dislivello a piedi. Per salire in cima dobbiamo andare ad Andalo. Ci guardiamo perplessi, primo imprevisto di giornata, ma torniamo velocemente e senza esitazioni verso l’auto ed altrettanto velocemente raggiungiamo Andalo, a 10 minuti di macchina. Riparcheggiamo, ci rimettiamo in coda alla biglietteria e finalmente saliamo in carrozza.

Sentiero delle Aquile. Metri 2125. Tempo 00.
Usciti dalla funivia troviamo subito delle indicazione per il Sentiero delle Aquile, il preludio alla ferrata. Il percorso si svolge pressoché in piano, leggermente in discesa e purtroppo verso gli orrendi tralicci impestati di ripetitori presenti sulle creste della Paganella. Dopo circa 200 metri percorsi su strada sterrata deviamo sulla sinistra, cartello con indicazioni, e poco dopo decidiamo di completare la vestizione indossando imbrago, caschetto e guanti. Indaffaratissime le donne con i loro tecnicissimi kit, la parte bassa, la parte alta, il dissipatore, il nodo … che nosa, comunque brave ce la fanno e ripartiamo. Il sentiero si immerge in mezzo ai mughi dove inziano i primi tratti ferrati, semplici. Fin da subito di fronte a noi si erge la bella parete rocciosa del “Dente del Corno”, costellata di omini, peccato per la nuvola che offusca la foto, sulla quale si sviluppa la ferrata. Prendere atto che si dovrà passare su quella parete è allo stesso tempo eccitante e preoccupante. L’avvicinamento all’inizio vero e proprio della ferrata avviene quindi su questo percorso delle Aquile, a tratti su sentiero, a tratti su cengia, ma comunque ben attrezzato dove serve. Prima tappa di giornata alla campana dei sogni, obbligatorio suonare ed esprimere un desiderio, di fronte alla quale si può ammirare un bellissimo ponte naturale di roccia denominato “Arco di Tito”. Proseguiamo sulla cengia sempre attrezzata fino a raggiungere la fonte della giovinezza. Sotto la roccia da un tubicino nero zampilla un rivolo d’acqua, ne ho bevuta un sorso e subito ho sentito dentro di me una rinnovata energia, i miei compagni però non se ne sono accorti, né dell’energia e neppure della fonte, peggio per loro. Ancora pochi minuti ed eccoci finalmente all’inizio della ferrata vera e propria.

Ferrata delle Aquile. Quota 2040 mt. Tempo 45m.
Il primo tratto è facile, solita cengia, solito cavo, ma più avanti la faccenda sembra complicarsi. Siamo sul tratto indicato come Canalone Battisti. La cengia ora si fa più esposta, ma sempre perfettamente attrezzata, la presenza del cavo da un certa sicurezza. Raggiungiamo il tratto denominato “antro de le pegore” nei pressi del quale si trova la grotta misteriosa a cui si accede attraverso uno stretto cunicolo. All’interno la caverna è illuminata da alcune luci a led, bene, vista anche questa. Lasciato l’antro ci dirigiamo verso il tratto a mio avviso più impegnativo: La “Traversata Degli Angeli”. In lontananza un altro escursionista lo sta percorrendo e lo immortalo in questa foto. L’avvicinamento è impressionante, per carità sempre perfettamente attrezzato, ma impressionante. Servono sangue freddo, calma e decisione. E’ necessario guardare verso il basso per cercare i punti dove appoggiare i piedi, ed usare parecchio le braccia. Giunti nel punto cruciale alcune staffe, indispensabili, aiutano ad aggirare lo sperone di roccia. Superato questo roccione adrenalinico, la ferrata prosegue più tranquilla, ma sempre molto aerea. Così mentre qualcuno ci osserva dall’alto, continuiamo la nostra escursione aiutati a volte dalle cambre (staffe di ferro) piuttosto che dagli spigoli rocciosi sempre presenti e devo dire molto saldi e stabili. Emblematica questa foto sul traffico in ferrata, ecco il perché va percorsa in senso antiorario, quello consigliato, gli ultimi a destra sono Pedro e Stefania. Ogni tanto una piccola cengia permette di rilassare le braccia, ma soprattuto la tensione e perché no di fare una foto di sotto. E’ un pò che camminiamo, assorbita l’ansia della Traversata degli Angeli comincia a montare quella dei ponti sospesi, ma dove sono ? Quando arrivano ? Eccoli, sotto il più piccolo e sopra il più grande al quale si accede salendo lo spuntone roccioso sulla destra, per raggiungerli però si deve percorre questa cengia con meravigliosa vista sui ripetitori. Problema: Ogni ponte ha cinque cavi, due cavi nella parte inferiore sui quali sono fissate le impronte dove si mettono i piedi, due laterali, uno a destra ed uno a sinistra, su cui si mettono le mani durante il cammino, ed uno sopra dove si agganciano i moschettoni. Calcola il volume del ponte (scusate deformazione periodale). Ecco alcuni esempi di come si attraversa un ponte sospeso perfettamente interpretati da Barbara (spensierata e sorridente), Stefania (concentratissima) e Pedro (svaccato) e Cippe (da tergo). Saliamo lo sperone roccioso ed attacchiamo il secondo ponte. Un suggerimento, particolare attenzione va posta nel calcolare la lunghezza del cavo che vi assicura, eventualmente dotarsi di rinvii a sufficienza atti ad evitare espressioni particolari e sofferenti. Il secondo quesito quindi è: calcola il numero di rinvii necessari ad evitare lo schiacciamento degli zebedei. Nell’esempio qui riportato 1 non è la soluzione corretta. Attraversati i ponti il percorso prosegue facile e sempre perfettamente attrezzato fino al suo atto finale, uno spigolo roccioso da percorrere in salita, lo “spigolo del vento”. Visto dall’alto fa impressione, ma vi assicuro che ci sono tratti più impegnativi. I ponti visti da qua, i laghetti visti da qua, Pedro visto da qua. Ed ecco finalmente raggiunto il Trono Dell’Aquila.

Trono Dell’Aquila. Metri 2020. Tempo 3h.
A questo punto un tranquillo ed ampio sentiero porta dopo pochi metri a questo incrocio cruciale, qui si deve decidere dove andare, ci sono più soluzioni. Si può scendere con gli impianti, in questo caso si deve tornare a cima Paganella attraverso il sentiero appena intrapreso che riporta all’attacco della ferrata e quindi agli impianti oppure per il sentiero botanico, da noi scelto. Se fossimo saliti da Fai, a metà circa del sentiero botanico si incrocia il sentiero 602 che porta in località Santel, vedi la mappa. Decidiamo per il sentiero botanico, giusto per fare qualcosa di diverso e ci fermiamo a pranzare proprio al suo termine a ridosso della pista da sci nuvola rossa. Da qui per tornare ad Andalo è necessario individuare il sentiero 604, questo è il problema. Ci dirigiamo verso gli impianti ad istinto fino a trovare finalmente un cartello con le indicazioni per Andalo, 604. Prendiamo quindi a sinistra sempre sulla pista nuvola rossa fin quasi a raggiungere malga Zambana, poco distante dagli impianti intermedi di risalita. Nessuna indicazione utile. Vado fino agli impianti per cercare informazioni e le trovo, mi dicono che a destra della malga ci sono i cartelli con le indicazioni per il 604. E’ proprio così, troviamo cartelli in abbondanza, ma in un punto poco visibile, almeno per chi proviene dal sentiero botanico. In questo frangente non ho fatto foto, peccato sarebbero state più esplicative e chiarificatrici, ma il nervoso mi ha distratto. Ci aspettano a questo punto 1000 metrozzi in discesa, circa due ore, più o meno, se non sbagliamo strada. La discesa nel tratto iniziale è piuttosto ripida, non come quella della via di fuga delle Marmarole, ma insomma si fa sentire, poi si addolcisce. Ad un certo punto nel bosco … compare il lupo, ma va, troviamo un cartello con scritto, se non ricordo male, l’acqua del Toni. La cosa ci distrae? Non so, fatto sta che ci sono segni a destra ed a sinistra, prendiamo la destra, ma io ho sempre sostenuto, essendo mancino, che la sinistra è migliore e così dopo pochi metri l’evidente traccia scompare. Niente di più facile che tornare indietro, abbiamo percorso pochi metri ma sotto di noi c’è una bella strada bianca, perché non raggiungerla,  dai che bello! Yuppi! Evviva! E così cammina, cammina e cammina, ci ritroviamo per un sentiero oscuro, il 610. Chi è costui? Dove porta? Quanto è lungo? Insomma arriviamo più o meno ad un chilometro e mezzo fuori da Andalo in direzione Fai della Paganella. Un pò stanchini prendiamo la strada asfaltata e con tanto di navigatore cerchiamo la via piùà breve per raggiungere il parcheggio degli impianti. Riguardando poi la mappa con il gps mi sono reso conto che nel punto in cui abbiamo preso la direzione sbagliata eravamo a pochi metri dagli impianti, che disdetta, meglio non pensarci.

Parcheggio impianti. Metri 1050. Tempo 6h circa.
Non ci resta che rifocillarci presso una fonte addocchiata lungo il rientro per la strada asfaltata, dove immergiamo i piedi e ci diamo una sciacquata. Siamo pronti per tornare a casa, ma solo dopo una birretta con tanto di cerimonia di matrimonio in corso in quel di Fai della Paganella.

Favolosa ferrata, meravigliosa compagnia, bravi tutti come al solito, ci vediamo alla prossima, il Sorapiss ci aspetta.

NOTA: Il gps è impazzito in questa escursione, probabilmente a causa della parete strapiombante, entrambi gli strumenti hanno continuato a saltellare generando chilometri e dislivelli in quantità. Ho ripulito un pochino la traccia rimuovendo i punti più assurdi, il dislivello globale non è variato di molto e credo sia abbastanza attendibile, la distanza invece secondo me è ancora distante dalla realtà, pur passando dai 16 e rotti ai 12 chilometri credo siano in realtà ancora di meno.

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