14-15/09/2018 Antermoia (dolomiti di Fassa)
14/09/2018 Giorno 1 Rifugi Paolina, Santner, Vajolet
Distanza totale: 7,8 km (3,2↑ 2,6↓ 2↔)
Altitudine massima: 2734 m
Altitudine minima: 2125 m
Dislivello assoluto: 609 m
Dislivello totale: 658 m
Totale discesa: -551 m
Tempo totale: 4h 30′ (soste comprese)
Presenti: Cippe, Bruno, Pedro e tanti altri.
Favoloso giro sul gruppo del Catinaccio, nato da un’idea di Andrea, Silvano e soci del gruppone di Vigodarzere. Nonostante le svariate defezioni dell’ultimo momento partiamo in 14 divisi in due gruppi. Viaggio in auto fino a Pera di Fassa, autobus di linea per trasferimento a Carezza, salita al rifugio Paolina in funivia (9€, 8€ per i soci CAI) e partenza in due gruppi distinti ad orari diversi e con obiettivi diversi. I quattro dell’Ave Maria, Bruno, Cippe, Luca e Pedro scelgono la salita verso il passo Santner tramite l’omonima ferrata, gli altri il percorso attraverso i passi Vaiolon e Coronelle, entrambi con obiettivo rifugio Vajolet.
Rifugio Paolina. Quota 2125 metri.
Riusciamo a prendere l’autobus delle 10:08, puntualissimo, che in circa 25 minuti ci porta a Carezza alla fermata Paolina proprio all’altezza degli omonimi impianti. La nostra avventura parte quindi dal rifugio Paolina. Prendiamo il sentiero 552 in direzione nord verso il rifugio Fronza mentre in direzione opposta parte il 539 verso il rifugio Roda di Vael. La giornata non è perfetta ma comunque discreta, qualche nuvola non ci impedisce di sbirciare le merviglie intorno a noi. Il primo tratto si sviluppa assolutamente in piano costeggiando il versante ovest del Masaré (2727) poi della Torre Finestra (2670) e quindi della Roda di Vael (2806). Appena ci mettiamo in cammino alle nostre spalle in evidenza il gruppo del Latemar mentre lungo il sentiero si presentano queste interessanti formazioni rocciose percorse da un rivolo d’acqua e dai colori particolari e prevalentemente scuri in netto contrasto con l’ambiente circostante. Sotto il versante ovest della Roda di Vael oltrepassiamo un primo incrocio (1.3 km, 2186 mt, 25′) con il sentiero 549 il quale a destra scorre in quota costante intorno alle cima prima menzionate ed incrocia più in alto il sentiero 551 che sale verso il passo Vaiolon percorso dal secondo gruppo, poco prima da sinistra arriva il sentiero 9 che sale da Carezza. Fino a qui siamo saliti di un centinaio di metri ed alla nostra destra abbiamo questo panorama. Procediamo dritti ora sul sentiero 549, o sentiero del Masaré, costeggiando sempre il versante ovest di cima Sforcella (2810) e delle Coronelle (2797) che raggiunge e termina proprio al rifugio Fronza o Rosengarten a quota 2339. Poco prima del rifugio a sinistra si incrocia (3.15 km, 2255 mt, 50′) il sentiero 1-2C che arriva, tramite un dedalo di percorsi, dagli impianti di Laurino.
Rifugio Fronza (3,5 km, 2337 mt, 58′).
Ci ricompattiamo. Prima di partire dal rifugio ci imbraghiamo perché la via ferrata inzia subito dietro al Fronza, a destra il sentiero 550 che sale al passo delle Coronelle, a sinistra il 542s che porta al passo Santner. La “S” segna questo sentiero in modo inequivocabile, si gira l’angolo del Fronza, il sentiero passa proprio sulla terrazza del rifugio, ed a trenta metri ecco l’attacco identificato dalla targa. Già dopo i primi passi l’ambiente intorno a noi cambia in modo evidente (seconda traccia 3.86 km, 2449 mt, 1h 19′). Spuntoni di roccia appuntiti si allungano verso il cielo quasi a voler bucare le nuvole. Il primo tratto permette di superare un primo salto roccioso. Il ferro è steso a tratti e soprattutto per sicurezza ed anche se è presente qualche punto esposto non si devono affrontare particolari difficoltà e si è sempre in appoggio o su cengie abbastanza ampie. Superato questo primo salto, il sentiero prosegue in dolce saliscendi lungo il versante ovest della cresta di Davoi al cospetto di questo panorama. Alla fine delle ghiaie si riprende a salire sulla roccia inizialmente su una comoda cengia non esposta ed in seguito su roccette. In questa foto è evidente il passaggio tra i vari ambiente, ghiaie prima, cengia ed infine roccette. Siamo ormai sotto cima Catinaccio, si sale in mezzo alle rocce nude, qualche tratto attrezzato aiuta a superare passaggi un po’ più esposti, o infidi, fino a raggiungere uno sperone roccioso che si supera grazie ad una scaletta inziale ed un po’ di cavo. Il salto è notevole ma per nulla difficoltoso, impressionante il camino in cui ci si infila, in alcuni punti lo zaino può dar fastidio. Arriviamo nel passaggio chiave, una volta forse, quello per interderci dove dovrebbe esserci la neve o meglio il ghiaccio di cui non vi è traccia. Credo inoltre che di recente sia stato modificato il tracciato, non più il vecchio passaggio con doppia fune, ora si procede sulla destra nella parete rocciosa sempre coadiuvati dal cavo. Superato quest’ultimo ostacolo ancora qualche metro e si può intravedere il passo raggiunto il quale il Catinaccio mostra tutta la sua mole.
Passo Santner (5.9 km, 2734 mt, 3h 16′).
Decidiamo di pranzare al passo. L’omonimo rifugietto è chiuso per lavori di ristrutturazione , riapre il prossimo anno, la posizione è veramente suggestiva. Inizialmente nuvole basse impediscono la visuale, ma pian piano mentre mangiamo, i panorami si lasciano guardare sempre più nel loro intimo. La Croda di re Laurino è la prima a farsi vedere, cerco anche il giardino delle rose (vedi leggenda), ma come dice la leggenda un incantesimo impedisce di goderne la bellezza. Ci incamminiamo verso il rifugio re Alberto, racchiuso nella bellissima conca del Gartl tra il Catinaccio, la croda di re Laurino e le torri del Vajolet, meraviglioso. Appena superato il rifugio (6.6 km, 2621 mt, 3h 35′) ci si affaccia sulla sottostante valle del Vajolet e già si possono intravedere il rifugio omonimo ed il rifugio Preuss. La discesa è ripida e nei tratti più infidi coadiuvata dal cavo, utile immagino in caso di neve, non vi è esposizione. Giunti in prossimità dei rifugi, ciò che si vede verso l’alta valle del Vajolet è veramente fantastico.
Rifugio Vajolet (7.8 km, 2243 mt, 4h 30′).
Arriviamo al rifugio prestino, sono le 16 e 30 circa,possiamo così goderci un pò l’ambiente, girovagare intorno al rifugio, fare foto, perlustrare le stanze. Decido anche di farmi una bella doccia calda visto che è possibile, gettone da 3€ per 6 minuti, me ne bastano 3, volendo si può entrare in due anche perché il bagno è spazioso ci si può stare comodamente. Ripulito dalle fatiche odierne esco a fare un po’ di foto, ecco una panoramica sul rifugio Vajolet con il monte Le Pope (2768) a fare da sfondo, ma anche il Preuss non è male, mentre verso ovest il panorama offre le Torri del Vajolet a destra (2813) ed il Catinaccio (2919) a sinistra, verso nord invece ciò che ci aspetta domani, sulla destra il Catinaccio d’Antermoia (3004) su cui saliremo, al centro credo le cime Valbona (2822) , a sinistra cima Vajolet (2749). Relax fuori dal rifugio in attesa del resto della truppa, e dentro al rifugio in attesa della cena. Proprio in questo frangente scopro la possibilità di fare foto panoramiche con il cellulare, e allora? E allora torno fuori a riprovare, ecco cosa ne viene fuori, panoramica verso ovest, verso i due rifugi quindi diciamo sud, ed infine verso est. Cena ottima, corroborata da diverse bosse di vino gentilmente offerte dai gitanti, e impreziosita dalla presenza di un self-service con le verdure e dai cestini sul tavolo con svariati tipi di pane, il servizio da ristorante (Location 8, Servizio 9, Menu 7 quello alla carta è migliore ma costa di più Conto 8). Alle 22 è tassativo lasciare la stanza, tutti a nanna.
15/09/2018 Giorno 2: Rifugio Vajolet – Catinaccio d’Antermoia – rifugio Gardeccia
Distanza totale: 9.6 km (3,9↑ 5,4↓ 0.3↔)
Altitudine massima: 3004 m
Altitudine minima: 1950 m
Dislivello assoluto: 761 m
Dislivello totale: 805 m
Totale discesa: -1096 m
Tempo totale: 5h 30′ (soste comprese)
Presenti: Cippe, Bruno, Pedro e tanti altri.
Rifugio Vajolet. Quota 2243 metri.
La colazione è ottima ed abbondante, il self-service delle verdure della sera è stato sostituito da affettati e formaggio, a richiesta caffe, latte, tè, e sempre a discrezione yogurt e cerali vari, sul tavolo piattino con le solite cose da spalmare ed il pane. A tutto ciò si aggiunge la strana bevanda “de noialtri”, diciamo più un infuso, che ti da quella carica alla Dan Peterson. Dopo tutto questo ben di Dio siamo pronti per partire, o quasi. Le luci del mattino dopo una notte di pioggia e temporali lasciano ben sperare. Al quarto tentativo la foto di gruppo è al completo possiamo andare. Dal rifugio Vajolet parte il sentiero 584 che sale verso il rifugio Principe, ampio, comodo, e panoramico sia verso sud che verso nord. L’incudine del Catinaccio d’Antermoia si staglia davanti a noi sulla destra facendo da contrasto ad un cielo gemmeo che ha dell’incredibile dopo la notte burrascosa appena trascora. Il Principe si nasconde e si rivela solo dopo l’ultima curva abbarbicato com’è nella dolomia dalla quale quasi ne prende il colore, meraviglioso e verace rifugio la cui posizione, forma e fattezza ne spiegano il termine mille volte meglio di qualsiasi vocabolario.
Rifugio Passo Principe (2.2 km, 2599 mt, 50′).
Nel 2010 pernottammo in questo rifugio, io no purtroppo, dovetti rientrare la sera stessa, la baracca di fianco al rifugio era in costruzione, un ampliamento di posti letto. Ci ricompattiamo e dividiamo in gruppetti, non tutti saliranno sull’Antermoia, qualcuno si ferma qui, altri andranno al passo e forse al lago, la maggior parte sale verso la cima tramite la ferrata Ovest per poi scendere con la ferrata Est. Sulla destra il sentiero 584 aggira la montagna fino al passo d’Antermoia. Dritti invece si sale rapidamente tramite il 585, il rifugio diventa subito piccolo e dopo un centinaio di metri ecco la targa e le prime corde fisse mentre alle nostre spalle la valle del Vajolet sfoggia tutta la sua bellezza. Nel suo primo tratto il sentiero procede più che altro su cengie poco esposte, qualche staffa aiuta nei passaggi più infidi ed il Principe diventa sempre più piccolo. Ancora qualche cengia poi inzia la ferraglia che accompagna quasi sempre il sentiero. Rari i tratti senza fune, giusto per far riposare le mani, poi si riprende con la corda metallica che spesso sembra inutile con il sentiero in pieno appoggio e ricco di prese. Il Principe ormai è lontano ma il panorama dietro di noi è immenso, peccato per quelle nubi in lontananza perché Peakfinder indica perfino l’Ortles, ma noi ci accontentiamo delle torri del Vajolet sulla sinistra e di cima Valbona sulla destra. Continuiamo a salire in un’interminabile sequela di cengie e tratti ferrati, cengia, ferro, Catinaccio-Torri-Laurino, cengia, ferro, ferro, cengia … e finalmente croce in vista. Sale la tensione, siamo tutti in ansia di vedere questa benedetta cresta finale, ed eccola qui. La cresta non è una passeggiata, ma con un po’ di concentrazione, passo fermo ed attenzione si può fare. Qui la partenza, poi ci sono un paio di punti critici, dove l’esposizione si accentua, per il resto si può camminare abbastanza tranquillamente in piedi. In uno di questi punti mi fermo un attimo per rilassarmi, grazie anche alla presenza di un chiodo che agevola il passaggio e permette di ancorarsi, scatto un paio di foto al lago di Antermoia e alla vetta ormai vicina che raggiungo subito dopo. Mi apposto per benino ed inizio una sequela di scatti verso i miei compagni d’avventura che stanno percorrendo la cresta, una paio di foto per ciascuno. La valle del Vajolet, cima Scalieret che vorrei fare al ritorno, il lago Fedaia, e quello d’Antermoia, la cresta di ritorno, noialtri.
Catinaccio d’Antermoia (3.5 km, 3004 mt, 2h 52′).
Peccato per le nubi che disturbano la visuale impedendoci di scrutare le montagne all’orizzonte, ma siamo più che appagati, provo lo stesso a fare un giro panoramico che raccolgo in questo video.
Dopo una buona mezzora di pausa ripartiamo, la piccola cresta che porta alla ferrata Est non ha nulla a che vedere con quella affrontata in arrivo, è molto più breve, poi inzia subito il ferro. Come per la salita anche la discesa alterna cengie e tratti ferrati, ma direi che non ci sono grosse difficoltà da affrontare e neppure tratti particolarmente esposti, è piuttosto lunga. Avevo letto in qualche articolo di una discesa su ferro da fare in circa mezzora, ma non è così, soprattutto se si effettua pedissequamente il passaggio dei moschettoni tra un chiodo e l’altro. In molti tratti in realtà si può procedere senza assicurarsi, e personalmente credo si sia esagerato con il ferro, come per esempio in questo punto, dove non c’è esposizione, si è in appoggio completo, il sentiero è ampio e senza brecciolino, ma la quantità di ferro è tale da essere quasi d’impiccio. Ad ogni modo sentiero, ferro, cengia, ferro, cengia, ferro, ferro, cengia, scaletta, poi finalmente si giunge a questo piccolo passo che permette di affrontare un secondo fronte roccioso. Credo ci siano due possibilità di discesa, una verso il lago che si innesta più in basso sul sentiero 584, e l’altra da noi seguita diretta verso il passo, indicata da qualche ometto ed alcune segni rossi, che conducono tramite un facile sentiero ad un altro tratto ferrato, più breve del precedente ma divertente e che porta in diagonale verso il passo restando più in quota, sulla carta è segnato in nero. E’ chiaramente visibile ad un certo punto la traccia verso il passo d’Antermoia, così come è ben visibile la processione in discesa sulla ferrata. Proprio alla fine del ferro si passa in prossimità di un anfratto nella roccia dentro al quale si conserva tranquillo e sereno questo blocco di ghiaccio, indisturbato ed al riparo dal sole resisterà sicuramente fino alla prossima neve. Passato l’anfratto è chiaramente visibile la traccia, non segnata sulle carte, che porta verso il passo ed il sentiero ufficiale, il 584. Ancora qualche sforzo prima di salutare la val d’Antermoia e raggiungere l’omonimo passo segnalato da evidenti cartelli (4.8 km, 2770 t, 4h). Torna il familiare panorama mattutino, con il Catinaccio e le Torri del Vajolet ed il rifugio Principe. Aggiungiamo alla lista anche questa bellissima priaforà situata a sudovest del rifugio Principe e poco più sopra dello stesso, appena visibile in questa panoramica. Scendiamo a questo punto verso il rifugio in un sentiero più che trafficato, d’altronde è sabato e la gente sta salendo vero i vari rifugi della zona per il pernottamento.
Rifugio passo Principe (5.6 km, 2599 mt, 4h 20′).
Anche il Principe è affollato. Il nostro gruppo si svacca in questa piazzola artificiale, credo per l’elicottero, così ne approfitto per fare qualche foto, qui ci siamo tutti, qui i giovani più qualche extra, il mastro birraio, e la valle del Vajolet. E’ passata più di mezzora, io, Pedro e Bruno rompiamo le righe e partiamo verso il Gardeccia. Davanti a noi un panorama che rasserena l’animo, ma ogni tanto mi volto indietro già con un po’ di nostalgia ed immortalo per l’ultima volta il nostro obiettivo principale. Raggiungiamo in 20′ il Vajolet ed il Preuss (7.7 km, 2243 mt, 4h 45′) e ci fiondiamo giù per il sentiero 546, una vera autostrada della montagna, parecchia gente sta salendo, probabilmente pernotterà al Vajolet, la fatica della loro salita è mitigata da questa meravigliosa visuale. Dopo circa mezzora siamo nell’immenso pianoro dove sorgono ben tre rifugi, il Stella Alpina, il Gardeccia ed il Catinaccio. Da qui partono le navette per Pera di Fassa, hanno degli orari fissi ma portano al massimo 30 persone se non ricordo male, quando sono piene mollano le ancore e scendono, sono le 16 circa la nostra parte in anticipo siamo praticamente gli ultimi tre che riempiono il piccolo bus.
Rifugio Gardeccia (9.6 km, 1950 mt, 5h 30′).
Arrivati a Pera recuperiamo l’auto, ci cambiamo velocemente e ci gustiamo una bella birra al primo bar in centro, giusto in tempo per l’ultimo sorso quando ci chiama il resto della truppa arrivata anch’essa al parcheggio. In estrema sintesi due giorni fantastici, su luoghi meravigliosi e panorami mozzafiato, devo dire che la scelta venerdì sul sabato è molto valida ed evita la ressa del fine settimana tipica di luoghi così rinomati e frequentati.
Bravi tutti ed alla prossima.