12/09/2020 Rifugio Sora ‘l Sass e Belvedere di Mezzodì (Zoldano)

Distanza totale: 9,9 Km (4,6↑ 4,8↓ 0,5↔)
Altitudine massima: 2.007 m
Altitudine minima: 1.048 m
Dislivello assoluto: 959 m
Totale salita: 1.100 m
Totale discesa: 1.100 m
Tempo totale: 07h 15′ (soste incluse)
Presenti: Diciamo un bel gruppo.

Quando Antonio mi ha scritto il numero di partecipanti ho preso gli occhiali pensando “ci vedo sempre peggio” ed invece era proprio un bel 16, allora mi sono emozionato, credo non ci sia mai stata un’escursione ardita con così tanti partecipanti, ai soliti noti si sono aggiunte tre famiglie ed amici vari, ma la grande novità sono stati i piccoli di varie età, maschi e femmine, al seguito di mamme e papà. Ci troviamo all’uscita dell’autostrada per Belluno dove era previsto un caffè in compagnia, ma l’affollamento alla stazione di servizio ci scoraggia, proseguiamo fino a Forno di Zoldo dove ci fermiamo ad un bar proprio poco prima di svoltare a sinistra verso la nostra meta i piani de la Fopa.

Partenza. Quota 1048 mt.
In realtà lasciamo l’auto prima del Pian de la Fopa, in uno dei parcheggi che si trovano lungo la strada sterrata che risale il torrente Pramper, ed in prossimità di quella che dovrebbe essere la via del ritorno cioè un sentiero che scende da casera Mezzodì. Qui ci dividiamo in due gruppi, gli audaci che vogliono fare la ferrata, ed i più tranquilli che preferiscono un sentiero normale. Parcheggio, vestizione e via in leggera salita lungo la strada bianca a tratti asfaltata. Fin da subito si fa notare pur nascondendosi dietro ai rami uno dei protagnisti del panorama odierno, il Pelmo, ma anche il Giaron della pala di Lares non è da meno. Raggiungiamo un ponticello che scavalca il Pramper (1.8 km, 1235 m, 33′) e ci immette nel sentiero 534 dove inizia la nostra vera escursione. Attraversato il torrente, scavalcato una specie di argine ed aggirato un dosso, il sentiero prende a salire con una certa decisione e qualcuno inizia a boccheggiare, diciamo a prendere fiato. Superiamo l’incrocio con il sentiero 522 (2.73 km, 1400 m, 1h 21′) che porta al bivacco Carnielli e che lasciamo sulla destra, proseguiamo sul 534 a sinistra, giriamo una cresta e davanti a noi si impone uno splendido canalone roccioso, immaginiamo tutti che la ferrata partirà da qualche parte là in alto. In effetti risaliti alcuni massi ecco il punto di attacco segnalato da un paletto con segnale bianco rosso. Ci ricompattiamo, i giovani fremono, sono ansiosi di provare la salita lungo la ferrata, il buon Pedro impartisce una brevissima lezioncina per i neofiti, poi partiamo. La ferrata è assolutamente semplice, adatta ai principianti o a chi vuole provarne l’ebbrezza, non ci sono tratti esposti. Mi metto davanti in modo da poter fotografare di fronte i miei compagni ed una delle foto che mi è piaciuta di più è questa, nel tratto inziale, la piccola manina di Alvise e l’espressione del volto, concentrato nello sforzo di tirarsi su e la gioia di Antonio nel vedere il proprio figlio salire senza tentennamenti, senza paura, entusiasta, insomma meglio del papà, promette bene. Pian piano tutti gli altri partono, si forma un lungo e colorato serpentone mentre i più anziani, diciamo saggi, restano di sotto a godersi lo spettacolo.  La breve ferrata permette di superare uno sbalzo di circa 150 mt, mentre saliamo alle nostra spalle il panorama diventa sempre più bello, il pinnacolo al centro dovrebbe essere Castello di Moscehsin (2499 mt) quello più a destra cima Gardesana (2446 mt) mentre la parete grigio chiaro dietro alla Gardesana credo sia il Tamer Grande (2457 mt). I tratti di ferrata si alternano con il sentiero normale fino a portarci sulla sommità del versante, da qui il sentiero procede molto più tranquillo ed in falsopiano ed in breve ci porta al rifugio.

Rifugio Angelini o Sora ‘l Sass (3,6 km, 1588 mt, 2h).
Ci aspettavamo un grande pianoro, ma possiamo tranquillamente parlare di un bel prato, ci ricompattiamo, troviamo l’altro gruppo già arrivato e decidiamo per una breve pausa ristoratrice con annessa foto di gruppo. Non c’è molta gente, ma evito di entrare al rifugio, mi limito a girovagare e scattare qualche foto all’esterno, come questa. Dopo circa 40 minuti ci rimettiamo in cammino sul sentiero 532 che parte sulla destra del rifugio e si immerge in un fitto bosco di faggi. Anche in questo caso ci sono due gruppi, il percorso è a cerchio, ma in senso antiorario, il nostro, prevede il superamento di una breve ferrata, mentre in senso orario si utilizza il sentiero normale, in ogni caso il primo tratto viene affrontato insieme fino a questo bivio (4 km, 1655 m, 2h 45′) poi a destra gli impavidi, a sinistra i tranquilli. Il sentiero prosegue docile per circa duecento metri poi si impenna per affrontare un bel salto di 150 metri fino al bivio Giaron dantre i Spiz (4.54 km, 1800 m, 3h 5′) per Forcella la Porta. Segue ancora un tratto in dolce salita e poi ancora uno strappo fino al raggiungimento del bivio Belvedere di Mezzodì che precede di poco la cima Belvedere, è proprio  in questo segmento che si trova il tratto attrezzato, utile a superare dei tratti un po’ esposti ed altri molto ripidi e viscidi, si percorre infine una breve cengia che conduce al tratto più verticale della ferrata. Superato il tratto attrezzato si arriva al bivio del Belvedere (5 km, 1964 m, 3h 45′) prima menzionato proprio sotto uno sperone roccioso aggirato il quale in 5 minuti si sale sulla schiena del Belvedere, praticamente lo occupiamo tutto.

Spiz Belvedere di Mezzodì (5,1km, 2007 mt, 3h 50′).
Questa volta arriviamo prima noi, ma di poco, occupiamo quasi tutta la cima, una giovane coppia è costretta dalla nostra esuberanza ad appartarsi un po’ più in là e si concede anche per farci una foto di gruppo, quella dell’articolo. Ancora una breve pausa di ristoro, si mangia, si beve, si fa baldoria, si scatta qualche foto perché il panorma è notevole, peccato per le nubi che avvolgono la cima del Pelmo, in questa foto da sinistra Cristallo, Sorapiss, Marmarole e l’Antelao quello con il cumulonembo grande e bianco, un bel primo piano al gruppo degli Sfornioi a sinistra e Bosconero a destra ed in mezzo forcella Brutta, si proprio così, l’ho risalita con Cippols (vedi articolo) fa impressione vista da qua, ancora in questa foto coperti dalle nubi a destra il monte Civetta (3220 mt) ed a sinistra cima delle Sasse (2878 mt) bella in vista invece la Moiazza (2878 mt) ed infine il Tamer Grande (2547) quello con il ghiaione alle pendici. Non rimane che scendere dall’altra parte, discesa che per il gruppo B avviene per lo stesso percorso di salita che, ci avvisano subito, sarà molto ripido. In effetti dopo pochi metri la pendenza non si fa attendere e prosegue più o meno ardita fino ai 1800 metri circa, comunque su buon sentiero, mai esposto, in alcuni tratti, dove occorre procedre con cautela, reso particolarmente friabile dalla pendenza. La vegetazione riprende possesso del territorio ed il percorso inzia a serpeggiare tra gli sparuti tronchi di larice ed i cespugli di mugo. Alla fine della ripida discesa scorgo questo cartello, inequivocabile avvertimento per chi intende salire per di qua, il difficile è riferito appunto alla pendenza e rende ancora più meritevole l’ascesa del gruppo B. Da questo punto il sentiero diventa più facile e sarà così fino al rifugio dove il 532 finisce la sua corsa e si innesta sul 534 (6.6 km, 1588 m, 5h 10′) che prendiamo in direzione opposta al mattino, verso Zoldo per intenderci. La camminata si addolcisce, si tranquillizza, si può tornare a parlare di ogni cosa, la tensione si allenta, anche se ci aspetta ancora qualche tratto ostico, ma ormai il più è fatto. Ad un certo punto il bosco si dirada siamo nei pressi di casera di Mezzodì (7.8 km, 1358 m, 6h 30′), il mio pensiero va subito alla prossima amacata, quindi mi avvicino in perlustrazione, l’esterno è perfetto, un bel prato, il bosco limitrofo con tanti bei tronchi per le amache, legna in abbondanza accatastata ovunque, ma sulla porta un cartello avvisa che la casera è chiusa a causa di ripetuti atti di vandalismo, c’è però un numero di telefono che annoto e mi riprometto di chiamare per informazioni. Alla casera si lascia il 534 che prosegue dritto fino a Zoldo e si scende verso il torrente Pramper dove abbiamo lasciato le auto lungo un sentiero tranquillo, sotto l’ombra dei faggi ed accompagnati dallo scricchiolare delle foglie.

Auto (9,9 km, 1048 mt, 7h 15′).
Non è finita, il torrente con il suo fragore ci invita ad una rinfrescata, l’asciugamano è nello zaino pronto allo scopo. Per i più giovani è divertimento assicurato, un modo semplice per dimenticare velocemente la fatica, per i più vecchietti è un toccasana, lava via la fatica, la si sente proprio sgocciolare via ad ogni risciaquo con l’acqua gelida, se poi si accompagna il tutto ad un veloce spuntino e ad una risata in compagnia meglio ancora, ma quanti panini avevate in quello zaino ? E’ stata lunga e faticosa, è ora di tornare, anche se qualcuno già medita ad una prossima avventura o forse sta solo ripensando ai bei momenti passati insieme in questa lunga giornata.

Bravi tutti e alla prossima.

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