07/11/2020 Rifugio Velo della Madonna (Pale di San Martino)
Distanza totale: 12,7 Km (6,3↑ 5,1↓ 1,3↔)
Altitudine massima: 2.358 m
Altitudine minima: 1.450 m
Dislivello assoluto: 908 m
Totale dislivello: 1.244 m
Totale discesa: 1.226 m
Tempo totale: 7h 10′ (soste incluse)
Presenti: Bruno, Carlo, Cippe, Cippols, Ivana, Pippo.
Siamo invitati da Cippols ed Ivana a fare un giretto in quel di Primiero, le temperature sono ancora alte per il periodo, si prospetta un fine settimana con meteo strepitoso, non rimane che accettare, l’obiettivo è raggiungere il rifugio Velo della Madonna. La coppia di cui sopra parte venerdì sera, noi ci muoviamo sabato mattina, si perché abbiamo deciso di sfruttare il sabato, arriviamo pure in anticipo, per strada non c’era anima viva, l’appuntamento infatti era per le 8 e 45, ma alle 8 e 20 siamo in loco e guarda caso incrociamo Cippols che arriva in bici dal centro dove è andato a fare un po’ di spesa, sorpreso pure lui della nostra presenza. Di sopra la donzella non è ancora pronta deve ancora sistemarsi, ma attendiamo senza problemi ed intanto facciamo un giretto per l’appartamento, poi appena pronti partiamo verso malga Zivertaghe.
Malga Zivertaghe. Quota 1.373 mt.
Raggiungiamo la malga in auto, è il nostro primo obiettivo perché qui faremo colazione. Il posto è incantevole, ideale per famiglie con bambini, i dolci fatti in casa sono strepitosi, ci mettiamo in uno dei tanti tavoli (tutti liberi) con il nostro vassoietto, il caffè e due tipi di dolce, entrambi buonissimi. Siamo pronti, con l’auto ci spostiamo un po’ più su dove c’è un altro parcheggio e da lì partiamo, quota 1.450 metri. Dal parcheggio parte il sentiero 713 che sale dolcemente lungo un bosco ombroso e umido, uno squarcio nella vegetazione ci permette di ammirare il pianoro dove si trova malga Zivertaghe dove un gruppetto di vivaci larici attira la mia attenzione, sullo sfondo la punta innevata a sinistra è l’Agnelessa (2.318 mt) mentre quella più profonda è cima Scanaiol (2.467 mt), il percorso volge verso sinistra sempre immerso nel bosco ed in leggera salita fino a raggiungere una prima tabella, Campigol di Sora Ronz (1.575 mt). Ci innestiamo nella strada forestale Sora Ronz (0.8 km, 1585 m, 15′) proseguendo verso destra, superiamo questi cartelli (1km, 1600 m, 19′) tralasciando l’indicazione per il rifugio Velo della Madonna, da qui faremo ritorno, proseguiamo quindi dritti sulla strada/sentiero indicato ora come 724/731, si scende dolcemente lungo il versante Sora Ronz, credo perché si trova sopra i prati di Ronz dettaglio insignificante, fino al bivio con la strada forestale Ronzi dove troviamo l’indicazione per la forcella Col dei Cistri (2.9 km, 1490 m, 48′), il nostro secondo obiettivo odierno. Proseguiamo dritti sulla comoda ma noiosa strada che poco più avanti si immerge nuovamente nel più interessante bosco e torna ad essere verace sentiero, ampi tratti liberi da piante d’alto fusto ci lasciano godere dei colori autunnali ancora in ombra, ma già le prime punte si accendono di giallo, per impreziosire ancora di più il bel quadretto “prendo pure la luna” (… oltre queste sbarre mi vedrai volare, ci sei solo tu, yeah… Litfiba, non c’entra nulla ma oggi mi va così). Il sole iniza a filtrare nel sottobosco riscaldando le nostre felpe e prendendo il sopravvento, le pareti delle Pale riflettono la sua calda luce, il tetto del bosco si accende, tutto si illumina, e così distratti da questo susseguirsi di emozioni non ci rendiamo conto di essere giunti a Prassorin (4.93 km, 1512 m, 1h 22′) e poco più avanti a forcella Col dei Cistri.
Forcella col dei Cistri (5,3 km, 1.579 mt, 1h 30′).
Al nostro secondo obiettivo ci fermiamo per una breve pausa ristoratrice e per ammirare questo luogo meraviglioso. Alcune stupende baite scaldate dal sole fanno da guardia ad una bellissima radura erbosa ed a loro volta sono guardate a vista dal Cimerlo sopra di loro, ma il panorama è quanto di più appagante si possa immaginare, sedersi qui, mangiare un boccone, bere un sorso d’acqua, guardare in avanti e fantasticare diventa un tutt’uno, leggero e spensierato. Ripartiamo pieni di energia positiva e spronati da Cippols, siamo un po’ in ritardo sulla tabella di marcia. Risaliamo in direzione nord il versante sud del Cimerlo (2.503 mt) sul sentiero Camillo De Paoli, segnavia 734. fino ai 1650 metri circa dove la pendenza si addolcisce, la vegetazione d’alto fusto si dirada, i mughi abbondano e la roccia prende il sopravvento. Raggiunta quota 1650/1700 il 734 scorre per un chilometro e mezzo pressoché in piano ed intorno ai 1700 metri attraversando l’ampio versante meridionale del Cimerlo, sotto di noi il bosco si accende con i suoi meravigliosi colori, sopra di noi le guglie delle Pale s’innalzano nel cielo blu, davanti a noi colate di roccia interrompono l’egemonia dell’erba e dei mughi, poi superato il rio val Fazane (in secca) troviamo questi due cartelli (7,4 km, 1760 m, 2h 28′), che sembrano non avere senso, non c’è un bivio, ma indicano proprio un cambio di passo, in realtà controllando la carta c’è una traccia segnata che scende fino alla forestale percorsa stamattina. Siamo poco sotto i 1800 metri e da qui la pendenza aumenta, la freccia ricorda inoltre agli smemorati che ci attende il sentiero attrezzato Camillo De Paoli. In poco meno di un chilometro ci portiamo verso i 2000 metri di quota risalendo il versante sud di Cima della Stanga (2.546). Raggiunta quota 2050 dopo un ultimo strappo troviamo un piccolo pianoro dove fare una breve sosta. Togliamo gli zaini dalle spalle, ci dissetiamo, ci acquattiamo, mangiamo qualcosa e soprattutto ci godiamo il meritato panorama. Lunga pausa sarebbe corretto definire questo momento come terzo obiettivo ma non ho riferimenti, quindi proseguiamo il raccontro, dopotutto ancora nessuna traccia del ferro. Di nuovo il percorso si addolcisce e procede in leggera salita lungo il fianco meridionale della Stanga, a tratti in leggera ma spettacolare esposizione, un ultimo strappo poi finalmente ecco l’inizio del tratto attrezzato segnalato da apposita targa (8.45 km, 2120 m, 3h 42′). Ho fatto un po’ di confusione con i waypoint, guardando bene la traccia e le mappe la ferrata dovrebbe inziare intorno a quota 2120 e finire verso 2260. Ci prepariamo, imbrago, guanti, eccetera, poi iniziamo a salire seguendo la fune di ferro, intanto un camoscio segue incuriosito le nostre peripezie, starà pensando “ma guarda questi per risalire due rocce quanti problemi”. Da qua si vede chiaramente anche il pianoro di malga Zivertaghe dove abbiamo fatto colazione stamattina, ma anche la panoramica sul Primiero non è male. Intanto saliamo lungo la ferrata che permette di superare un dislivello di 140 metri, il percorso è veramente piacevole, nulla di difficile, l’esposizione è minima, si cammina sempre in appoggio, tanto che utilizzo molto poco i moschettoni, trovo molto più divertente ed appagante arrampicarsi su per la roccia sempre in appoggio e con infiniti appigli per mani e piedi. Sarebbe fantastica secondo me come ferrata per novizi, magari per i bambini, se non fosse per la lunga strada da fare per raggiungerla. Troviamo anche una scaletta, che porta alla parte finale, la più appagante, nell’ultimo tratto mi volto un attimo, giusto per godermi il panorama verso ovest, dove a sinistra sbuca cima Scanaiol, al centro la Tognola con dietro cima Val Cigolera e sullo sfondo a destra le cime scure sono quelle di Paneveggio, quella più a destra é Colbricon Ovest (2.602), quella più a sinistra cima di Cece (2.754). Poco più sopra raggiungiamo il pianoro finale (8.6 km, 2260 m, 4h 17′), cima Velo della Madonna si presenta a noi, mentre alla nostra sinistra svettano a partire da destra cima di Ball (2.802), cima di Val di Roda (2.791), ed il Cimon della Pala (3.184), la punta che si vede dietro è cima della Vezzana (3.192). Nel frattempo, mentre io scatto foto, Cippols ne approfitta per una divagazione sul luogo, seguito a ruota da Carlo. Bene e dopo questo elenco di monti per il quale ringrazio PeakFinder, dirigiamo il nostro sguardo verso nord tra le alte cime che ci attendono e dove il sentiero si incunea facendo da bisettrice tra il Velo della Madonna e la Stanga. Proprio qui in un punto dove in condizioni normali tutto sarebbe elementare, ci troviamo invece ad affrontare la parte più complessa a causa della presenza di neve ghiacciata di cui i pochi escursionisti incrociati stamattina ci avevano avvisato. Ci dotiamo di ramponcini per rendere più sicuro il cammino, ma tutti, chi più chi meno, manifestano qualche titubanza. La cosa incredibile è il calo di temperatura, sono in maniche corte, fino a qualche minuto fa stavo come un papa, ora se mi fermo inizio a tremare dal freddo. Le difficoltà terminano in prossimità di questo cartello che indica il raggiungimento del Cadinot (8.9 km, 2.280 m, 4h 57′) ma soprattutto quell’indicazione 10′ al rifugio fa tornare un sacco di energie, ci siamo.
Rifugio Velo della Madonna (9,1 km, 2.358 mt, 5h).
E’ fatta, non c’è anima viva, ci svacchiamo sui tavoli antistanti il rifugio al cospetto di Cima della Madonna. Consumiamo tutto ciò che è rimasto negli zaini, foto ricordo di rito con la roccia a fare da cavalletto, poi ci rimettiamo in marcia perché è tardino, la luce sta cambiando. Ripercorriamo lo stesso sentiero fino al Cadinot poi prendiamo il 713 a destra che scende piuttosto deciso lungo il versante ovest di cima della Madonna e per un buon tratto all’ombra. Utilizziamo ancora per un po’ i ramponi poi la neve termina. Anche in questo sentiero troviamo un po’ di ferro, più che altro posizionato per superare dei tratti insidiosi con la roccia consumata e viscida, c’è perfino del ghiaccio per terra d’altronde siamo sempre all’ombra e sempre sopra i 2.000 metri, ma poco più avanti vediamo il sole che presto tornerà a scaldarci, intanto la vallata del Primiero è già in ombra, in alto San Martino di Castrozza. Raggiungiamo questo bivio con la segnaletica per via ferrata della Vecia (10 km, 2.070 m, 6h) noi proseguiamo dritti o meglio verso sinistra. Ora il 713 scende deciso verso valle serpeggiando tra i sassi, non è un vero e proprio ghiaione sul quale poter galleggiare scendendo velocemente, quanto mi piace farlo, bisogna procedere normalmente. Il sole intanto rimane una chimera, l’ombra continua a salire, noi a scendere, mi sa che non ci scalderà più per oggi, dietro di noi le pareti delle pale iniziano a scurirsi, poi finalmente ormai giunti intorno ai 1.800 metri ecco di nuovo il sole. E’ una luce diversa, lo si evince dalle pareti di dolomia che inziano ad ingiallire e ad aumentare il loro contrasto come si può vedere da questa foto panoramica alla parete sudovest della cima di Ball:
ma mi colpisce ancor di più la luce presente in questa foto, i larici sembrano tanti alberelli di Natale addobbati con le luci accese, in forte contrasto con il verde dei mughi, bellissima. Rientriamo nel bosco e tutto intorno a noi si incupisce, anche se basta guardare verso l’alto per far tornare il sorriso, l’ombra però sale inesorabile, ma è proprio ora che le pareti assumono quei colori incredibili e tipici delle dolomiti, il problema è riuscire a vederle immersi nel fitto del bosco. Raggiungiamo il bivio già percorso questa mattina, con l’indicazione per il rifugio Velo della Madonna e dove noi siamo andati dritti, in ogni caso proprio mentre camminiamo circondati dagli alti fusti d’abete stoicamente resistiti alla furia di Vaia vedo i miei compagni fermi a bocca aperta davanti a me, mi giro e … si capisco il motivo, merita pure una zommata, favoloso! Stanchi ma soddisfatti usciamo dall’oscurità e raggiungiamo l’auto, proprio mentre il sole si nasconde dietro l’orizzonte.
Auto (12,7 km, 1.450 mt, 7h circa soste incluse).
Che dire, bravi tutti. Ho assaporato un giro d’altri tempi, molto bello, in piacevole compagnia. Alla prossima.