27-28/06/2021 Vernago – Bellavista (val Senales)
Giorno1: Vernago – Rifugio Bellavista
Distanza totale: 9,5 km (6↑ – 3↓ – 0,5↔)
Altitudine massima: 3.251 m
Altitudine minima: 1.952 m
Dislivello assoluto: 1.300 m
Totale salita: 1.358 m
Totale discesa: -484 m
Tempo totale: 8h 20′ (soste comprese)
Presenti: Bruno, Carlo, Cippe.
Prima uscita di una serie pianificata da Carlo e Bruno per il progetto 4k, si, il buon Bruno desidera cimentarsi con una salita oltre i 4.000 ma giustamente non vuole improvvisare,così dopo una serie di uscite sul Grappa per fare gamba ecco una prima escursione sul ghiaccio in Val Senales giusto per imparare un po’ di tecnica, di nodi, di comportamenti e verificare la reazione del nostro corpicino a queste nuove situazioni. Si decide di partire il sabato pomeriggio con calma giusto per portarsi in zona a Vernago, sopra l’omonimo lago. Parcheggiamo l’auto prima di un ponticello, proprio dove parte il sentiero che prenderemo il giorno dopo, in un piccolo parcheggio di fianco ad un torrente nei pressi del Finailhof, un agriturismo. Il sole è ancora alto quando arriviamo, scarichiamo gli zaini ed incominciamo a verificare il materiale sotto le diligenti spiegazioni di Carlo, la nostra guida, nonché istruttore, uomo di esperienza, se è vero come si racconta che ha salito una settantina di 4.000 sulle alpi. Dopo aver visionato la vite da ghiaccio, i moschettoni, l’imbrago ed i ramponi, arriviamo ai nodi Marshall e Prusig che diventano indispensabili in caso di caduta su crepaccio. Andiamo ad allenarci sotto un enorme larice, che ci presta uno dei suoi grossi rami per appenderci e provare a risalire la corda nel vuoto. E’ dura, ma con un po’ di pratica ci riusciamo. Bene possiamo pensare alla cena. Predisposto il tavolino da pic-nic, tiriamo fuori le cibarie e ci rifocilliamo gustandoci il panorama sulla valle che risaliremo domani. Dopo cena facciamo un salto a Maso Corto, un paesino li vicino. Nell’unico locale aperto consumiamo un bel gelatone, una birra e buttiamo l’occhio sulla partita Italia-Belgio (a fine secondo tempo ce ne andiamo scoprirò il risultato finale sul telefonino prima di coricarmi). Vorrei passare al giorno dopo, ma il bello viene adesso. I miei due compari dormiranno in auto, io ho la mia tendina, materassino, sacco a pelo e tappi per le orecchie, insomma sono preparato, ma nulla posso contro il frastuono del torrente. Verso le due di notte, ormai esausto e nervoso, mi vesto, esco, prendo la tenda per il vertice e vago in mezzo al bosco alla ricerca di un luogo più silenzioso. Trovo una casetta per le capre, pulisco il pavimento dagli escrementi e caccio dentro la tenda. Niente da fare il frastuono arriva anche li.
Parcheggio. Quota 1952 mt.
Verso le 7 mi alzo, ormai è chiaro da un pezzo e credo di non aver dormito 5 minuti. Carlo è già in piedi pronto a partire, scalpita. Bruno sta ronfando in macchina. Prepariamo la colazione e dopo un po’ vado a svegliare il dormiglione. Fatta colazione e preparati gli zaini ci incamminiamo poco dopo le 8 sul sentiero numero 8 verso il GraWand. Dobbiamo risalire questa maestosa vallata solcata dal torrente Finale, che ho soprannominato “il silenzioso”. La natura è lussureggiante, ma allo stesso tempo spoglia, si perché siamo già a 2000 metri e non c’ è posto per gli alberi qui, solo capre, rododendri ed acqua in abbondanza. Ad un certo punto finisce di attecchiare anche l’erba, compare la nuda roccia dove risalta in primo piano un bel cuscinio di Silene Exscapa ed i suoi caratteristici fiorellini rosa. Uno sguardo verso il basso dove in lontananza il lago si confonde facilmente grazie al suo verde smeraldino tra i fitti boschi di Vernago. Poco più avanti facciamo tappa nei pressi di un piccolo chiosco per capre (2430 m, 2.1 km, 1h 30′) dove vengono messi il fieno per l’inverno ed il sale. Ancora un po’ di salita sugli ormai sempre più scarni pendii fino a raggiungere il lago di Finale (Finalisee, 2670 m, 2.8 km, 2h 10′), ancora ricoperto dal ghiaccio. Nei pressi del lago vi è un monolite che in poche righe spiega il ritiro dei ghiacciai e la conseguente avanzata dei cacciatori mesolitici testimoniata dalla presenza di numerosi selci e dal ritrovamento appunto dell’uomo di Similaun. Facciamo un’ulteriore pausa, non ci crederete ma Bruno si fa un’altra dormita, quanto lo invidio, io invece passeggio nervoso a scattare foto. Riprendimao la marcia e risaliti un pochino inquadro il lago dall’alto prima di girare l’angolo. Davanti a noi ora inziano i primi nevai che si alternano a tratti su nuda roccia fino al raggiungimento del passo di Finale.
Passo di Finale (4,7 km, 3.125 mt, 5h).
In realtà non arriviamo proprio al passo ma un po’ più sotto, esattamente dove arriva l’impianto di risalita del ghiacciaio del Giogo Alto. Da qui è spettacolare la vista verso il basso dove in un colpo solo si vedono il lago di Finale ed il lago di Vernago che come due occhi dal colore diverso scrutano dal basso verso l’alto la vallata. Altrettanto spettacolare è la cresta che si para davanti a noi e che dovremo percorrere. Più o meno qui inizio a percepire i primi sintomi di mal di testa, li temevo, dopo la notte insonne e sollecitati dallo sforzo fisico, sono arrivati. Prendo un oki e per il momento sembrano passare. Percorrendo la cresta l’attenzione si alterna un po’ a destra un po’ a sinistra indecisa su quale panorama concentrarsi, entrambi sono notevoli, di nuovo si vedono i due laghi e l’intero fondovalle, ma anche dall’altra parte non è male, e la bellezza è accentuata dalla diversità, il verde da una parte, il bianco del ghiacciaio dall’altra.
Una cosa è certa, il panorama è deturpato dalla enorme presenza di manufatti antropici, gli impianti di risalita abbondano, ma anche numerose sono le attrezzature sparse sulla distesa ghiacciata, cannoni per la neve, sedie per la risalita, ganci, per finire con i teloni bianchi che proteggono lo scioglimento, i meno visibili ovviamente. Prendiamo atto della situazione e proseguiamo anche perché davanti a noi è ormai visibile l’obiettivo più alto della giornata. Per raggiungerlo dobbiamo attraversare alcuni tratti leggermente esposti dove sono state piazzate alcune funi, ma si può tranquillamento fare affidamento alle rocce, gli appigli abbondano. Eccolo il punto più alto, l’Icemanotzipeak (3.251 mt, 5.7 km, 7h), si tratta di una terrazza panoramica, manufatto costruito per i turisti più esigenti, che permette una completa e comoda visuale verso il ghiacciaio. Il manufatto è comodamente raggiungibile dall’hotel Grawand situato poco più sotto ed al quale si può arrivare con gli impianti, ricordo di aver preso un po’ in giro Carlo in questo tratto, “così mi piace camminare, facile e comodo”, gli dico, ma preferisce non rispondere, spero solo abbia inteso che stavo scherzando. Arrivati nei pressi dell’hotel (3180 m, 5.9 km, 7h 5′) scambiamo due parole con un addetto il quale ci racconta che gli impianti sono chiusi da dieci anni circa (d’estate) e che stanno cercando di far ricrescere il ghiacciaio. Sparano neve a volontà, ne fanno circa 3 metri, poi la coprono con i teli ed a fine stagione ne avanza 1 metro, ovviamente su piccole zone del ghiacciaio sparse qua e la, che dire, forse tra un secolo potranno riaprire anche in estate, forse. In realtà volevamo sapere dall’addetto dove cavolo è il sentiero perché lo abbiamo perso, e così scopriamo che il percorso è stato chiuso per lavori, dobbiamo passare attraverso l’hotel, non sto scherzando, ecco qua a 3000 metri cosa ci hanno messo, e magari ci sarà sopra un impianto fotovoltaico per dire che è tutto ad impatto zero. Smettiamola di brontolare e godiamoci il panorama verso il ghiacciaio del Giogo Alto e l’Austria, già perché al di la degli impianti le montagne sullo sfondo sono in Austria. Non siamo sicuri sul percorso ma prendiamo la strada bianca che scende dall’hotel fiancheggiando il ghiacciaio, da qui si vedono bene i teloni bianchi, sparsi qua e la come le nuvole in cielo che però si stanno raccogliendo e minacciano pioggia. Siamo in facile discesa e proprio in questo tratto l’effetto dell’oki svanisce e qualcosa nella mia testa inzia a martellare. Raggiungiamo l’inizio degli impianti di risalita dove ci fermiamo un attimo per corprirci, ha inziato a piovere, il tempo di vestirici e rimetterci in cammino che smette. Il sentiero taglia dritto verso il rifugio Bellavista ma proseguiamo sulla strada che fa un giro più ampio, ma più facile da seguire, lontano dagli ammassi di neve e dai teloni bianchi. Non ho foto di questo tratto sono in modalità sopravvivenza, maledetta emicrania, arrivo al rifugio stravolto, mi pare giusto fargli una foto almeno per testimoniare.
Rifugio Bellavista (9,5 km, 2842 mt, 8h 20′).
Entriamo a confermare il nostro arrivo, prendiamo possesso della stanza e mi fiondo a letto, voglio provare a chiudere gli occhi e vedere se mi passa un po’. Sono da solo, i miei compagni vanno giù al bar a bersi una birra, ma la stanza è rumorosa ed io sono delicato, sento tutto, si sentono le voci del bar, delle stanze sopra, di quelli di fianco, la struttura è vecchiotta e l’isolamento non esiste. In ogni caso qualcosina mi passa, almeno la nausea e verso le 19 quando Bruno viene a chiamarmi per la cena, accetto volentieri, ho fame. Il menù è fisso, piatti uguali per tutti, non c’è scelta, ma mangiamo volentieri, c’è parecchia gente e non me l’aspettavo, la maggior parte punta a qualche cima qui intorno e partirà molto presto domattina, l’orario più gettonato è quello dell 4, poi alle 4 e 30 un’altra pattuglia. Dopocena una bella doccia per lavare via la stanchezza, mi ributto a letto ma niente da fare, il mal di testa non passa. Alle 4 suona la sveglia, annuncio la mia resa, ci dividiamo.
Giorno2: Rifugio Bellavista – Maso Corto – Vernago (Cippe)
Distanza totale: 9,1 km (2↑ – 5,8↓ – 1,3↔)
Altitudine massima: 2.842 m
Altitudine minima: 1.952 m
Dislivello assoluto: 120 m
Totale salita: 250 m
Totale discesa: -1.144 m
Tempo totale: 5h 20′ (soste comprese)
Presenti: Cippe.
Rifugio Bellavista. Quota 2842 mt (Percorso di Cippe)
Parto con il raccontare il mio percorso, mi viene più facile. Verso le 8 mi alzo, ormai è chiaro da un pezzo e credo di aver dormito un’oretta. Scendo di sotto, le sale sono vuote, per un attimo temo sia troppo tardi, ma poi una gentil donzella mi chiede cosa voglio, non mangio nulla, un bel succo, tè e caffè. Penso ai miei compagni, chissà dove saranno, ma non sono pentito, mi sento uno schifo, ma devo rientrare, lo farò con molta calma, parto che sono le 8 e 50. Prima di tutto una foto verso il ghiacciaio dove si sono diretti i miei compagni, qua e la si notano i teli, piccoli quadrati bianchi persi nell’immensità della vallata, mi chiedo a cosa può serivre una cosa del genere, forse sono esperimenti oggetti di studio non trovo altra spiegazione, poi il totem che avevo notato ieri all’arrivo ma ero troppo rincoglionito per soffermarmi e poi in controsole è molto più accattivante la foto, infine uno scatto verso il mio percorso in direzione Maso Corto che si sviluppa sul sentiero numero 3. Tentenno, per un attimo penso ad una cosa assurda, faccio una corsa dall’altra parte e raggiungo i miei compagni … sto delirando. Mi volto e saluto il Bellavista. La camminata è lenta, mi soffermo a guardami intorno, oggi mi dedicherò ai fiori e comincio da una splendida Silene Exscapa. La discesa è molto tranquilla, non troppo ripida, a tratti interrotta da piccoli nevaietti, il sentiero è ampio ben segnato. Supero il primo incrocio (2777 mt, 0.56 km, 20′) tengo la sinistra e lascio sulla mia destra il sentiero 5A che sale verso la Cresta del Diavolo (3227 mt) e poi prosegue volendo fino alla Palla Bianca (3738 mt). Ora la visuale si apre sulla vallata che scende a Maso Corto, non ancora visibile. Mi soffermo su una genziana solitaria ma dal colore vivace, attraverso un ponticello, ed ecco ancora un bel gruppetto di genzianelle o genziana primaticcia o verna. Decido di fermarmi un po’, sono le 10 cammino da poco più di un’ora ma mi sembra di aver fatto 1000 metri di dislivello, mi stendo su un masso e provo a chiudere gli occhi. Riparto dopo un quarto d’ora e mi dimentico di far ripartire il gps, pazienza, lo attivo un po’ più sotto quando mi soffermo ad inquadrare Maso Corto ed il sentiero che sta cambiando aspetto. Ricompaiono gli alberi ed abbondano i rododendri in fiore. Ancora un incrocio (2181 mt, 3.5 km, 2h) con tabelle che segnalano il giro dell’Hasenkofel (2572 mt), cima sulla mia destra, passo via dritto e mi dirigo senza indugi verso il paese.
Maso Corto (4 km, 2011 mt, 2h 30′).
Sono ancora un po’ intontito, ma avverto un certo appetito, sulla strada c’è un baldacchino che vende paninozzi, mi ispira l’Otziburgher, ma poi mi siedo su una panchina, apro lo zaino e mangio tuto ciò che mi è rimasto, poi casomai mi dedicherò ad altro. Ritrovo il locale di ieri sera, e più in la questo particolare edificio storico, che in realtà è un maso dove si può pure prenotare una camera. Insomma faccio il turista per mezzoretta, per capire il mio stato fisico e come proseguire. Decido per continuare a piedi e lasciar perdere l’autobus. Proseguo lungo la statale per qualche centinaio di metri, fortuna che passano pochissime auto, poi sulla sinistra ecco la segnaletica (1970 m, 5 km, 3h 10′) per il sentiero numero 7 che mi riporterà all’auto e che percorre i versanti a sud del monte Finale (2715 mt). Non vorrei sbagliarmi ma da qua sotto si vedono gli impianti del Giogo Alto, possibile ? Proseguo per prati, in piano, alla mia destra si distende una infinita sequenza di colori dove il giallo predomina, bellissimo, meritano un primo piano. Ecco dove sono diretto a Vernagt o Vernago, lo apprendo da un’altra tabella segnaletica situata nei pressi di una panchina, la tentazione di sdraiarmi è forte, ma sotto il sole cocente non mi piace, ce ne sarà una all’ombra più avanti, no? (no.) Ricordo che siamo intorno ai 2000 metri, quindi la vegetazione scarseggia, gli alberi sono piuttosto radi ed i prati in pieno sole sono lussureggianti. Il sentiero dopo una prima parte in dolce saliscendi si inerpica, sale decisamente ed in alcuni tratti compaiono addiritttura delle protezioni, non dico che sia esposto, ma ciò lo rende più severo. E’ giunto il momento di dedicarmi alla farfalle, sono veramente numerose in questa zona, d’altronde con questi bei prati e tutti questi fiori c’era da aspettarselo. La prima è una Celadussa (Melitaea athalia) famiglia delle Ninfalidi, l’altro incontro interessante è con una coppia di Maculinea del Timo famiglia delle Lycaneidae, l’azzurrino vicino al corpo è spettacolare, difficile da fotografare, ha un volo rapido. Intanto tra un fiore ed una farfalla sono arrivato in vista del lago di Vernago, buon segno, ora si cambia direzione girando intorno al monte Finale per affrontare l’ultimo tratto verso l’auto. Un’ultima foto verso l’agriturismo Finailhof nei pressi del quale è parcheggiata l’auto.
Parcheggio Finailhof (9.1 km, 1.952 mt, 5h 20′).
Non mi resta che aspettare Bruno e Carlo, mi adagio sul prato, libero dal pesante zaino, in totale relax guardo verso il cielo le nuvole che si rincorrono, mentre gli insetti danzano su di me ed i rumori della natura riempiono il silenzio. Provo a chiudere gli occhi e fare un riposino, ma non ci riesco. Arrivano pure le mucche e sono costretto a spostarmi, faccio due passi verso l’agriturismo, è pieno, ci sono posti solo al sole, lascio perdere l’idea di sedermi al tavolo. Verso le 16 e 30 una figura arriva dai prati limitrofi all’agriturismo, è Bruno, senza zaino, lo ha lasciato in custodia a Carlo, è venuto a prendere l’auto, ora andiamo a prendere Carlo e rientriamo a Padova.
Giorno2: Rifugio Bellavista – Giogo di Tisa – Vernago (Bruno e Carlo)
Distanza totale: 15 km (5,1↑ – 8,2↓ – 1,6↔)
Altitudine massima: 3.251 m
Altitudine minima: 2.000 m
Dislivello assoluto: 470 m
Totale salita: 682 m
Totale discesa: -1.558 m
Tempo totale: 11h 15′ + 35′ x Bruno (soste comprese)
Presenti: Bruno, Carlo.
Rifugio Bellavista. Quota 2842 mt (Percorso Bruno e Carlo).
Provo a cimentarmi ora nel raccontare il percorso di Bruno e Carlo senza averlo fatto, basandomi sulla traccia gps e sulle foto fornite da Bruno. I due personaggi si alzano alle 4, li sento entrambi tanto sono sveglio, ed annuncio loro la mia rinuncia, ma credo ne fossero già consci. Immagino la loro lauta colazione per fare il pieno di energie e poi via fuori, sono le 4 e 50, a vedere l’alba e credo che sia questa una delle prime foto scattate da Bruno. Il sole non è ancora spuntato mentre si apprestano a percorrere la parte bassa del ghiacciaio della Val Senales o Giogo Alto. La partenza è in leggerissima discesa fino agli impianti poi una decisa svolta a sinistra ed il percorso inizia a salire dai 2820 metri lungo il parco naturale Otzal. Il ghiacciaio qui ormai è scomparso, come si evince da questa foto che inquadra sullo sfondo la Palla Bianca, ancora all’ombra il rifugio Bella Vista e di sotto la neve rimasta. I due sono già risaliti un bel po’ il loro obiettivo è raggiungere un primo bastione roccioso superato il quale si accede al pianoro che porta verso la cima di Punta Finale (3514 mt). Il sole accende le cime più alte e si vede finalmente il ghiacciaio vero, quel grigio scuro simile a roccia, perenne sia nel tempo che nel lentissimo movimento. Ed eccolo il bastione roccioso, ben segnalato da un enorme cerchio bianco con il centro rosso, e poi sottolineiamo che sono in Austria.
Bastione roccioso (3 km, 2990 mt, 2h).
Il bastione viene aggirato lato nord fino ad immettersi nuovamente sul ghiacciaio. Proprio in questo tratto si supera quota 3000. Nella parte finale del bastione la coppia si concede una prima pausa ristoratrice di circa 20′ in prossimità di questo paletto di segnalazione con vista sulla Palla Bianca ed il rifugio, dove io mi sono appena alzato, sono le 8 circa, qui invece si vedono anche l’arrivo degli impianti di risalita ed il Grawand (3251 mt) o Croda delle Cornacchie, percorsi ieri, si notato anche i teloni bianchi a protezione del ghiacciaio. La coppia riparte verso il secondo obiettivo, la punta di Finale (3514 mt – l’obiettivo dell’escursione). Il panorama è ora quello vero del ghiacciaio, una distesa di neve bianca che copre insidiosi pericoli, i due ragazzi si legano e si preparano a puntino, attrezzatissimi. Ramponi, piccozza, corda e cordicine di vario tipo con marshall e prusig utili per una eventuale risalita su corda e dire che c’è gente che va in giro per i ghiacciai in scarpe da tennis e pantaloncini. Il buon Carlo saggia la neve con la piccozza, pur seguendo l’evidente traccia, o forse è solo stanco ? Uno sguardo dietro al percorso fatto e poi ancora avanti fino a raggiungere una cresta rocciosa dalle rocce affilate.
Cresta rocciosa (4 km, 3200 mt, 5h).
Superata la cresta mi sembra doveroso e meritato fare una pausa, sempre di 20′, anche per godersi il nuovo panorama che si apre sul ghiacciaio e l’Hauslabkogel (3402 mt). L’obiettivo ora è il passo di dell’Hauslab situato proprio sul confine italo-austriaco e dal quale parte una traccia che sale fino alla Punta di Finale. La coppia lascia la zona della cresta dove si addensano intanto nubi minacciose e si dirige verso il passo attraversando il ghiacciaio intorno a quota 3250. Il passo viene raggiunto intorno alle ore 11 (quota 3280 mt, distanza 4.9 km, tempo 5h 50′) e segna il rientro in terrritorio italiano. Il duo decide di non intraprendere la salita alla punta di Finale, spero non per colpa mia, qualche minuto di pausa per guardare il panorama e poi avanti in direzione del rifugio Similaun. Il percorso ora, sempre su ghiaccio, è in leggera discesa, spettacolare la panoramica verso il Similaun (3606 mt), si vede anche la traccia di salita sulla neve che arriva fin quasi alla cima, alla sua sinistra il Mutmal (3528 mt). Poco più sotto del passo si trova la stele dedicata all’uomo di Similaun (3200 mt) ed un po’ più avanti il Giogo di Tisa, panorama (quota 3165 mt, distanza 5.5 km, tempo 6h 10′). Il termine giogo mi ha incuriosito fin dall’inizio quando lo sentii pronunciare da Carlo, non capivo, cosa cavolo è sto’ giogo, ebbene è semplicemente un valico montano, dico semplicemente ma si tratta del significato numero 6-b come ho appreso dall’enciclopedia Treccani, il termine compare in toponimi alpini e spesso con varianti dialettali (ladino dolomitico giou, giau), la cosa strana è che il 6-a dice che è una sommita di montagna, non so, o l’una o l’altra, decidetevi. Sempre in leggera discesa i due procedono ora su roccia ed a tratti su nevai fino a raggiungere il rifugio Similaun.
Rifugio Similaun (7 km, 3019 mt, 7h 50′).
Doveva essere la nostra meta, ma il gestore non ha mai risposto e così abbiamo optato per il BellaVista, pensavamo fosse chiuso ed invece il buon Bruno si è informato, tutto aperto. Altra piccola pausa questa volta di mezzora, poi non rimane che intraprendere la lunga discesa verso Vernago, la neve ormai è scomparsa, torna la nuda roccia, la terra, il verde dell’erba, le piante con i primi rododendri in fiore, riecco l’acqua che scorre verso il lago di Vernago, ormai è fatta.
Tisenhof (12.5 km, 1826 mt, 11h 15′).
A questo Bruno deve aggiungere, senza zaino però ma solo per fare prima, altri 2.5 km e 35′ di tempo per raggiungere l’auto. Poi insieme torniamao a prendere Carlo, gli zaini e rientriamo verso Padova. Ceniamo in Valsugana con una buona pizza e ci diamo l’arrivederci alla prossima avventura.