02/06/2023 Giro orario Pelmo da Staulanza (Zoldano)
Distanza totale: 13.1 Km (4,5↑ 4,6↓ 4↔)
Altitudine massima: 2476 m
Altitudine minima: 1766 m
Dislivello assoluto: 710 m
Totale salita: 805 m
Totale discesa: 742 m
Tempo totale: 8h 45′ (soste incluse)
Presenti: Bruno, Carlo, Cippe
Giorno di festa e, come ho scoperto poi chiacchierando durante il cammino, per Carlo è tradizione fare un giretto intorno al Pelmo, ogni volta è diverso dice, anche se il posto è sempre lo stesso ed in ogni caso è sempre un giro intorno al Pelmo, ed il Caregon merita rispetto ed adulazione. Partiamo all’alba, anzi prima, il ritrovo è alle 4 e 45, due ore di macchina ed alle 6 e 45 siamo in cammino.
Passo Staulanza. Quota 1766 mt.
Lasciamo l’auto di fronte al rifugio Staulanza, e prendiamo la traccia che attraverso il prato porta verso il sentiero 472 o Anello Zoldano, il sole è ancora basso ma filtra attraverso gli alberi del bosco creando un’atmosfera misteriosa e fiabesca. In breve ci innestiamo sul 472 e prendiamo a sinistra per effettuare il giro in senso orario, il nostro obiettivo è la forcella Val D’Arcia. Il silenzio regna sovrano, solo il cinguettio ci tiene compagnia solleticando il nostro udito, ma è la vista ad impazzire, gli occhi saltano ovunque in lontananza, ogni immagine che catturano ha qualcosa di meraviglioso credo proprio sia la luce particolare di quest’ora a rendere tutto più bello. Camminiamo ai limiti del bosco ma già possiamo scorgere le prime cime, e se ci fosse qualche perplessità sul sentiero utilizzato un gigantesco masso ne scioglie qualsiasi dubbio, siamo sul 472, o Anello Zoldano ed anche Alta via numero 1. Appena usciamo dal bosco ancora immersi nei mughi è impossibile resistere, lo sguardo volge alla nostra sinistra dove spicca cima Ambrizzola (2715) e dove sono inconfondibili i Lastoni di Formin (2657) ed il verde Mondeval (2455) da noi raggiunto sia in versione estiva che invernale. Lasciati i mughi inziamo a camminare sulle ghiaie ed alle nostre spalle appare inconfondibile la sagoma del Piz Boè (3152), e risalito ancora un pochino il ghiaione entra in scena anche la regina con Punta Penia (3343). Raggiungiamo l’innesto sul 480 o Flaibani (2.4 km, 2475 mt, 1h) che si trova subito dietro questo sperone roccioso prendendo la destra, andando dritti si raggiunge forcella Forada e quindi il rifugio Fiume. Aggirate le roccie e percorso qualche metro davanti a noi si presentano i canaloni di risalita che permettono di superare Cima Forada e pervenire al nevaio della Val D’Arcia, il nostro è quello di destra, bisogna seguire i bolli rossi, fa impressione visto da qua, ma non è difficile, non vi sono tratti esposti o roccette da risalire. L’unico tratto complicato è agevolato dalla presenza di staffe e corda che permettono di superare il ripido tratto senza difficoltà e poi ne vale la pena, si vede bene anche il rifugio Città di Fiume al centro dei verdissimi prati in basso sulla foto. La salità non è ancora finita ed inizia ad aumentare la presenza di neve tanto che ad un certo punto mettiamo mano alle piccozze onde evitare sorprese poi finamente aggirata cima Forada la pendenza si attenua e raggiungiamo la conca che ospita il nevaio della Val D’Arcia, in lontananza l’omonima forcella. Prima di aggirare il Forada scatto un’ultima foto poi davanti a noi si presenta la conca sotto le cime di Val D’Arcia. Il tratto scorre pressoché in piano ma il problema è la presenza della neve, lo risolviamo andando verso l’alto e portandoci fuori traccia, ma sempre con la forcella davanti a noi a farci da guida. Ci portiamo sotto la parete seguendo evidenti tracce e proprio in questo tratto è evidente quanto pericoloso può essere camminare sotto la parete come si evince dall’enorme buco formato dalla caduta di un “sassolino” i cui resti sono sparsi tutt’intorno, appena allontanati inquadro il luogo del misfatto, impossibile schivare il pericolo se ci si trova in quel punto preciso nel momento fatidico, ci sono sassi ovunque. Ci spostiamo sotto l’opposto versante ma il percorso è ostico per la presenza di parecchia neve, si sprofonda, la piccozza torna molto utile per sondare il terreno, ma a volte non basta e si frana di brutto dentro la neve, in ogni caso è quasi divertente oltre che faticoso. Raggiunta la forcella dopo il consueto e dovuto momento di estasi ci facciamo i complimento e ci acquattiamo per una sosta.
Forcella Val D’Arcia (4.3 km, 2476 mt, 4h)
Prima di tutto due foto, una verso nord ed una verso sud, poi troviamo un posticino dove posare le chiappe e mettere qualcosa sotto i denti, ma dopo esserci ben coperti perché fa freddino. Proprio sulla forcella si è formata una imponente cornice di neve, è bella solida, chissà se riuscirà a superare l’estate, non credo. Ci fermiamo una mezzoretta poi riprendiamo il cammino ora in ripida discesa sempre sul sentiero Flaibani 480 lungo il ghiaione generato dalle Crode di Forca Rossa, in lontananza sulla destra sotto l’ultimo spuntone roccioso si intravede la forcelletta che dobbiamo raggiungere. A tratti la neve è abbondante ma ora in discesa è tutto molto più facile. Una volta scesi ci avviciniamo alle pareti sulla destra, dove ogni tanto scendono piccole cascatelle, alla nostra sinistra invece compaiono maestosi l’Antelao (3264) ed il Sorapiss (3205) accompagnati dalle Marmarole. Prima di raggiungere la forcella troviamo anche qualche tratto attrezzato, alle nostre spalle quanto percorso. Superata la forcelletta il panorama cambia notevolmente, il sentiero diventa via via meno aspro fino ad appiattirsi sviluppandosi lungo i ghiaioni delle Crode e della spalla est del Pelmo. Davanti a noi si vede ora il rifugio Venezia ed in lontananza a far da mirino il monte Pena, ricordo di una escursione del 2014 (link). Il sentiero prosegue nel suo ultimo tratto tra i mughi e sbuca proprio in prossimità del rifugio (6.4 km, 1946 mt, 5h 40′) oggi chiuso. Ne approfittiamo per fare una breve sosta, mezzoretta, mangiare qualcosa e dissetarci. Riprendiamo il cammino verso il passo Staulanza sul sentiero 472, ci aspetta un lungo percorso fortunatamente quasi tutto in discesa. Il primo riferimento è il passo di Rutorto (6.7 km, 1931 mt, 6h 20′) a pochi passi dal rifugio e dal quale si può ammirare la cascata che scende dal ghiacciaio del Pelmo. Il sentiero prosegue tra i mughi pressoché in piano ed acceso qua e là da ciuffi di erica in fiore. Raggiungiamo il secondo riferimento, i Lach (8.7 km, 1982 mt, 7h 10′) dove c’è anche una panchina occupata da uno strano personaggio. Bruno apre un dialogo attirato dalle dotazioni tecnologiche dell’individuo, praticamente 20 minuti di spiegazioni sull’utilizzo dell’ Insta360 (credo), avrei voluto fare qualche domanda anche sul drone DJ, ma i tuoni in lontananza mi hanno trattenuto. Riprendiamo il cammino sui prati dei Campi So’ Pelf e sotto Costauta sempre sul 472 con il Civetta davanti a noi. Intorno sempre i mughi la cui presenza è costante fino al successivo riferimento, le Mandre (9.4 km, 1908 mt, 7h 40′) dove inziano le passarelle predisposte per superare tratti di terreno che con le piogge diventano molto fangosi. Sempre accompagnati dai mughi e dall’erica raggiungiamo il quarto punto di riferimento, Col de le Crepe (10.5 km, 1900 mt, 7h 55′) e poco più avanti il quinto, Pala de le Dee (10.9 km, 1900 mt, 8h) dove una freccia indica la salita per raggiungere le orme dei dinosauri, ma se volete vedere delle orme vere andate piuttosto a Lavini di Marco a Rovereto, anche qui ce ne sono di interessanti, ma molto in alto verso i 3000 metri, le prime a pochi minuti possono lasciare delusi. Superata la Pala de le Dee si scende un pochino e si rientra nel bosco in prevalenza di abete rosso. Segnalo un ultimo riferimento, il sesto, in corrispondenza di questo cartello (11.9 km, 1860 mt, 8h 24′) il quale indica un sentiero che scende a Palafavera (non sono sicuro del punto gps). Proseguiamo dritti fino a chiudere il cerchio aperto questa mattina, per terra chicchi di grandine ci fanno capire quanto siamo stati fortunati visto che non abbiamo preso neppure una goccia d’acqua, l’ultimo cartello ci esorta ad uscire dall’anello Zoldano e raggiungere la macchina, ma è da leggere bene perché spiega ed illusta in maniera molto chiara la geologia del monte Pelmo.
Passo Staulanza (13 km, 1766 mt, 8h 45′)
Sono stanchino ed afflitto da un forte mal di testa che si rivelerà poi essere una fortissima emicrania che mi torturerà per un paio di giorni, ma è proprio un bel giro, grazie a Carlo e Bruno per la compagnia, alla prossima.