13-14/01/2024 Monte Stivo (Garda)

Distanza totale: 5,2 Km (4.4↑ 0.2↓ 0.6↔)
Altitudine massima: 2054 m
Altitudine minima: 1245 m
Dislivello assoluto: 809 m
Totale salita: 853 m
Totale discesa: 86 m
Tempo totale: 5h 20′ (soste incluse)
Presenti: Questi

Siamo alla consueta due giorni invernale, Silvano propone, organizziamo due gruppi perché tutti insieme non ci stiamo in rifugio, noi prenotiamo il 13-14 gennaio, sarà un fine settimana fantastico, con un meteo strepitoso ed una compagnia meravigliosa, tutto bello insomma. La salita allo Stivo non richiede certo due giorni, ma per godersi il tramonto e l’alba è perfetto il pernottamento al rifugio Marchetti a pochi minuti dalla cima.

Parcheggio Sant’Antonio. Quota 1245 mt.
Usciamo ad Ala e prendiamo la provinciale 90 fino ad innestarci sulla statale 240, passiamo la galleria Stierno e poi proseguiamo dritti fino ad una ampia rotonda dove svoltiamo a destra per salire al passo Santa Barbara tramite la provinciale 88. Oltre la rotonda però giganteggia il Tito Bistrot che sfruttiamo come punto di ritrovo ed un caffé. Molto bella la location, un enorme salone pieno di vini, grappe ma anche salumi in esposizione. Ripresa la salita sulla sp 88 prima di Ronzo-Chienes svoltiamo a sinistra sulla sp 48 e raggiungiamo il passo Santa Barbara dove svoltiamo a destra in via Monte Velo ad un incrocio caratteristico in quanto al centro dello stesso è presente una fonte d’acqua potabile, quantomeno inconsueto. Percorsi cento metri svoltiamo ancora a destra in via sant’Antonio, superiamo il K2 mountain bar dove vi è una prima possibilità di parcheggio e proseguiamo dritti prendendo la stradina adiacente la chiesa Congregazione di Gesù Sacerdote per raggiungere l’ampio parcheggio Sant’Antonio pochi metri più avanti, quasi pieno, tra l’altro coperto da una lastra di ghiaccio, occorre parcheggiare con cautela. Aspettiamo qui il resto della truppa ed intanto ci prepariamo e ci guardiamo intorno, la giornata si preannuncia strepitosa, all’ingresso del parcheggio è presente anche una carta geografica che fotografo, non si sa mai, ed una freccia indica chiaramente la direzione per il rifugio. Dal parcheggio proseguiamo a piedi sulla strada che sale verso località Le Prese, il nostro primo obiettivo. Percorsi pochi metri sulla nostra sinistra troviamo una fonte d’acqua, la fontana di Verle (0.45 km, 1290 mt, 25′) un cartello dice che non è potabile. Dopo un breve conciliabolo lasciamo la fonte e poco più avanti troviamo il primo bivio di giornata (0.6 km, 1299 mt, 35′) dove proseguiamo a sinistra. La strada si fa ora più bianca nel vero senso della parola, superiamo una sbarra chiaro segno che di qua non si passa con alcun mezzo, solo a piedi. A tratti una folta vegetazione forma quasi un tunnel di passaggio, superiamo una stradina che lasciamo sulla destra indicata sulla mappa come il “torcio” (0.8 km, 1337 mt, 43′) presumo in riferimento a quello strumento utilizzato per ricavare il vino dai grappoli d’uva, da qui è ben visibile la cima dello Stivo. La salita si fa più ripida all’ombra di un timido bosco misto di abeti e faggi, ma solo per poco perché in breve raggiungiamo località Le Prese (1.65 km, 1487 mt, 1h 10′) dove ogni velleità delle specie arboree termina, si apre davanti a noi l’ampio e ripido versante che porta verso la cima dello Stivo. Proseguiamo a destra sul 608 da cui arriviamo, inizia così la vera e propria salita allo Stivo, finora è stata una passeggiata. Percorsi pochi metri è inevitabile volgere lo sguardo alla nostre spalle ed inziare a riempire la vallata di esclamazioni più o meno efficaci a descrivere lo spettacolo offerto dal fondovalle e corroborato da quanto è presente al nostro fianco sinistro dove pian piano spuntano dal nulla varie cime, la prima a far mostra di sè è Cima Pari (1991 mt) bellissimo punto panoramico delle alpi di Ledro (al centro della foto – da fare) e più avanti ecco le imponenti cime delle Dolomiti di Brenta e del gruppo Adamello-Presanella dove spiccano il Carè Alto a sinistra (3462 mt) e la Presanella a destra (3556 mt), due “signore” montagne, verrebbe da fare una foto ad ogni passo e proprio con questa scusa, cioé fare foto, ne approfittiamo per indossare i ramponcini, non che siano strettamente necessari ma la camminata è senz’altro più sicura, ed eventualmente le ghette. Sempre alla nostra sinistra a parte il Carè Alto mi colpisce una montagna sottostante e modesta, credo sia il monte Misone (1803 mt), per la sua forma particolare sembra infatti un colonnato di rocce verticali, strano ed interessante. Volgendo invece lo sguardo davanti e sopra di noi sono già visibili sia malga Stivo che il rifugio Marchetti, sembrano ad un tiro di schioppo come si suol dire, ma è necessario fare una sudatina per raggiungerli. In ogni caso ci sono due possibilità per la salita, a sinistra lungo la strada forestale che passa per la malga, a destra lungo il crinale del monte Stivo, che faremo domani al ritorno. Il percorso prosegue dritto e con pendenza costante, non ci sono difficoltà particolari, il primo punto di riferimento è un vascone di raccolta dell’acqua per il bestiame (2.7 km, 1692 mt, 1h 50′) quasi sommerso dalla neve e che qualcuno sfrutta per una breve pausa e due chiacchiere, ma proprio due non una di più, e come dargli torto visto il panorama. Superato il vascone dopo pochi metri una prima curva a destra segna l’ormai imminente arrivo alla malga, è seguita da altre due curve a sinistra e destra in ravvicinata sequenza. Proprio in prossimità dell’ultima curva, la terza, dopo la quale si perviene alla malga vi sono le tabelle con le indicazioni per il sentiero 666 (3.1 km, 1754 mt, 2h) assolutamente immacolato, non vi è un’orma in quella direzione, sarebbe interessante e divertente percorrerlo con le ciaspole, ma a parte questo il panorama oltre le tabelle è veramente notevole, a destra la Presanella (3556 mt), più a sinistra il Caré Alto (3462 mt) le due punte più evidenti, non parliamo del colore del cielo, indescrivibile, emozionante, da far lacrimare gli occhi di gioia. Il pensiero per un attimo scorre all’escursione dello scorso anno, sull’Altissimo dietro di noi, in questo stesso periodo e con tutt’altro tipo di giornata, nuvolosa e ventosa, terribile, ecco cosa ci siamo persi, ma è meglio godere e gioire di cosa ci offre la giornata odierna, scaccio i brutti pensieri e proseguo verso la malga nei pressi della quale qualcuno dei nostri è già arrivato.

Malga Stivo (3.25 km, 1768 mt, 2h 5′)
Alla malga ci ritroviamo, ci ricompattiamo e sfruttiamo il momento per riposarci e ristorarci, ma soprattutto per gustarci il bellissimo panorama. Potrebbe già essere appagante questa meta, ma posso scrivere con certezza che vale proprio la pena raggiungere la cima anche se la parte più faticosa è ancora sopra di noi. Dopo una pausa di mezzora ripartiamo. Dalla malga si dovrebbe proseguire sulla strada forestale che sale serpeggiando lungo il versante sud dello Stivo ma i primi avventori dopo le abbondanti nevicate dei primi dell’anno hanno optato per una via molto diretta verso il crinale sud più o meno all’altezza delle ampie forcelle che si affacciano sul Canal di Lares. Ci sono diverse tracce più o meno ripide e battute. Mattia ed Ivana sono i primi a ripartire, impaziente pure io mi accodo e di tanto in tanto rivolgo lo sguardo verso il basso dove la malga diventa velocemente sempre più piccola mentre invece davanti a noi inzia a prendere forma la prossima meta, il crinale. In questo tratto si deve sudare di brutto per la pendenza, una volta raggiunta la cresta e le forcelle che la caratterizzano il clima cambia repentinamente, inizia a sferzare un gelido vento, se fino alla malga ero salito in maniche corte, ora servono la termica e la giacca a vento, è necessaria una sosta tecnica utile a coprirsi per benino. Raggiunta la prima forcella (3.66 km, 1864 mt, 2h 45′) si può ammirare la spettacolare visuale sulla valle dell’Adige con Rovereto ai nostri piedi ed in alto una lunga sequenza di cime a noi note, a destra il Carega e quindi procedendo verso sinistra il Baffelan ed il Cornetto, siamo in Pasubio, la schiena del Palon e poi il Col Santo (ricordo di un’altra memorabile due gg con le ciaspole) e più a sinistra le cime della Folgaria ed infine dell’altopiano di Asiago.

Procediamo a sinistra, malga Stivo ormai è un piccolo puntino, mentre un po’ più in là il Garda inzia lo spettacolo serale virando le tonalità delle sue acque in base alla posizione del sole che dall’alto lo sta lentamente ispezionando. Passiamo l’ultima forcelletta iniziando così la parte finale di salita verso il rifugio che si nasconde per un po’ dietro ad un dosso. Questo tratto è caratterizzatto dalla presenza di alcuni paletti di segnalazione che incoraggiano a vincere le ultime fatiche. Incontriamo parecchia gente che sta rientrando, peccato è il momento più bello questo ed ogni tanto mi giro verso il lago, ho paura di perdermi qualcosa, ma ormai ci siamo.

Rifugio Marchetti allo Stivo (4.4 km, 2012 mt, 3h 15′)
Prima cosa via i ramponcini mi raccomando, buona prassi in qualsiasi posto, le punte rovinano il tavolato, poi posiamo gli zaini e mentre aspettiamo l’arrivo della truppaglia entro ad avvisare il gestore che siamo arrivati anche per capire come dobbiamo organizzarci, dopo un po’ di attesa mi rendo conto che l’attività è in pieno fermento, non hanno tempo di seguirci, va bene optiamo per salire direttamente alla cima, alle camere ci penseremo dopo. Il sentiero di salita è proprio all’ingresso della terrazza del rifugio, un esile ma inequivocabile traccia sale verso l’alto con una leggere pendenza ed in dieci minuti porta alla cima. Il versante di salita offre dorate panoramiche verso il lago di Garda, superiamo una punta rocciosa (qui al ritorno) dove si intravedono i resti di una vecchia teleferica ora in disuso ed in corrispondenza della quale il sentiero supera un certo dislivello tramite una doppia curva piuttosto ripida su cui fare attenzione in discesa. Superato lo sperone la pendenza si addolcisce e dopo pochi metri compare la croce di vetta, intanto dietro di noi poco alla volta arrivano tutti. Giunti in cima non si può che rimanere a bocca a perta, il panorama è a tutto tondo, non ci sono ostacoli visivi e molto utile diventa il manufatto posto vicino alla croce con il nome di tutte le cime nelle varie direzioni dentro il quale si può trovare anche riparo dal vento, ma oggi è una giornata tranquilla fortunatamente.

Monte Stivo (4.55 km, 2054 mt, 4h)
In un primo momento si rimane smarriti, in che direzione guardare? E’ un dilemma, ogni scorcio è meraviglioso, verso est la valle dell’Adige ed al centro in alto il Col Santo sotto invece Rovereto, verso sud il lago di Garda ci regala gli ultimi riflessi dorati sotto l’attento sguardo del monte Altissimo di Nago alla sua sinistra, verso nord in primo piano la sequenza cima Alta, Palon Cornetto divide il panorama in due, alla loro destra molto lontane nella parte centrale della foto moltissime cime note si spazia dal Latemar al Piz Boè alla Marmolada per finire con cima Vezzana e cima D’Asta, alla loro sinistra in fondo sull’orizzonte si vedono le cime Austriache, una serie di tremila che non nomino in quanto per lo più sconosciuti, verso ovest dominano a centro foto le dolomiti di Brenta con cima Tosa e cima Brenta e più a sinistra la Presanella, peakfinder indica anche l’Ortles, ma nella foto non lo percepisco. Insomma è un tripudio, siamo tutti intenti a scattare foto in bella posa, tipo questa, ma pian piano il gruppo si sfoltisce, mi rendo conto dopo un po’ che sono rimasto quasi solo, resiste un individuo che saltella nell’intento di riscaldarsi, potrei rientrare anch’io ma la magia della luce mi ipnotizza, stanno cambiando i colori, l’oro del Garda riflette gli ultimi bagliori, decido allora di dirigermi lungo il crinale verso nord dove nel fondovalle è ben visibile il lago di Cavedine mentre più sopra ci dovrebbe essere quello di Toblino, ma è nascosto dall’oscurità. Raggiunta l’estremità (4.8 km, 2045 mt, 4h 25′) intravedo di sotto le tabelle del sentiero 666 che porta a forcella La Bassa Madonnina dalla quale si può risalire verso la sequenza di cime Alta, Palon e Cornetto oppure scendere a destra verso la val d’Adige per poi rientrare al passo Santa Barbara, una possibile via di rientro alternativa ma sconsigliata in inverno dal gestore del rifugio. Mi volgo indietro per tornare verso la cima, sono rimaste ormai poche persone, volendo invece di risalire si può anche rientrare direttamente al rifugio, ma io salgo non posso perdere il tramonto. Raggiunta la croce inzio ad assaporarmi ogni attimo, labili nebbie sfumano le montagne che si tuffano nel Garda, sembrano le dita di una gigantesca mano intenta a raccogliere l’acqua del lago per dissetarsi, il tempo passa ma non me ne accorgo sono in estasi, la luce cala insieme al sole mentre la scia di un aereo imita una meteora, sono rimasto solo insieme al silenzio che mi fa compagnia mentre intorno a me tutto assume una parvenza dorata, adoro questi momenti mi ricaricano, mi riempiono l’anima di cose vere e più grandi di noi, vorrei poter riavvolgere il tempo e ripercorrerlo ancora, rivedere tutto da capo con più attenzione, alle mie spalle il Portule, Cima XXI ed il Becco di Filadonna iniziano ad ingiallire, ma è soprattutto ai miei piedi che l’oro prende il sopravvento, in pochi minuti le ombre si allungano sembrano i fantasmi cattivi del film Ghost, vogliono portarsi via tutte queste meraviglie, ma sono certo che le ritroverò domattina al loro posto pronte per un altro spettacolo. Da questo momento il mio indice inzia a tremare sul pulsante di scatto formando una specie di timelaps, è una sequela di foto che andrà a riempire la memoria, mi succede di rado, ma ho quella di scorta che cambio prontamente, il sole continua a scendere, e quasi mi attira con la sua gravità, con la bellezza che emana in questi ultimi bagliori così caldi, così intensi, così belli, mi rendo conto che sto scendendo insieme a lui, non sono più sulla cima, sarà mica la paura ancestrale del buio che mi sta riportando al rifugio? Poi in un attimo l’ultima magia, nel momento in cui la sfera infuocata tocca le cime nell’intento di nascondersi il giallo diventa rosa, e se ancora c’era un po’ di posto nella mia anima ora è sicuramente soldout, sono al settimo cielo, anzi allo Stivo, percorro gli ultimi passi con un sorriso difficile da contenere, leggero, felice ed in pace con me stesso, torno dai miei compagni d’avventura, mi stanno aspettando.

Rifugio Marchetti allo Stivo (5.2 km, 2012 mt, 5h 20′)
Torno dentro, mi dirigo verso la camera, qualcuno mi accenna alla temperatura, freddina, ma ho un calore dentro in questo momento che non sento nulla neppure l’acqua sicuramente fredda del bagno con cui eseguo un rapidissimo risciacquo, sono ancora sulla cima immerso nelle calde luci del tramonto. Torno di sotto, la compagnia ed una bella sfida a briscola mi riportano alla realtà, è ora di cena, diversi primi e secondi a scelta, bevande, dolce e caffé, giro di grappe offerto dal gestore, tutto di mio gradimento. Dopo cena ancora un giro di briscola poi tutti a nanna con la panza piena.

14/01/2024 – Giorno 2 – Monte Stivo (Garda)

Distanza totale: 3.7 Km (0↑ 3,6↓ 0.1↔)
Altitudine massima: 2012 m
Altitudine minima: 1245 m
Dislivello assoluto: -767 m
Totale salita: 0 m
Totale discesa: -770 m
Tempo totale: 1h 8′ (soste incluse)
Presenti: Questi

Rifugio Marchetti allo Stivo. Quota 2012 mt.
Poco prima delle sette mi alzo, ho deciso, vado a vedere l’alba prevista pochi minuti dopo le sette, in un battibaleno mi vesto e sono fuori proprio mentre lo staff che ha dormito in sala con il calduccio sta risistemando, mi avvio in salita nel percorso ormai noto, supero il piccolo spuntone di roccia oltre il quale inizia l’ultima rampa da salire ed è in questo tratto che lo stupore mi pregna, ricordo di aver esclamato a voce alta “noooo, no ghe credo!”. Ci vuole anche un po’ di fortuna lo ammetto, ma quelle nuvole proprio lì dove sorge il sole sembrano il tocco di un abile pittore e mi lasciano a bocca aperta, salgo in fretta voglio godermi tutto senza il fiatone della salita. Il sole sale lentamente e nascosto dalle nubi, cambiano però luce e colori, verso est accesi e nitidi, verso sud soffusi e delicati simili ad un pastello, verso ovest si confondono ancora con la penombra, ma sono quelle nuvole ad attrarmi come una calamita. Passo diversi minuti a scattare foto poi inizio a sentire un certo languorino, scendo per la colazione senza convinzione, continuo a voltarmi per ammirare quei colori, e proprio mentre sto scendendo avviene un cambiamento netto, la luce aumenta, il Garda lancia verso il cielo infinite e calde sfumature, si accendono le cime, dietro all’Altissimo punta Pettorina ed il monte Baldo sono le prime ad illuminarsi ed anche le più vicine, sembrano accendersi di luce propria. Ormai procedo verso ovest ed il rifugio, all’orizzonte le dolomiti di Ledro raccolgono i primi raggi di sole ed il cielo sopra di loro è un caleidoscopio di morbidi colori. Raggiungo il rifugio e mi fiondo in sala per la colazione dove assaporo delle strepitose marmellate, favolosa quella di ribes, buonissimi lo yogurt ed i cereali. Paghiamo il conto, sloggiamo dalle camere e cosa facciamo? Tutti allo Stivo, ma si perché no, tanto è a un tiro di schioppo, posso rivedere tutto sotto un’altra luce. Ora tutto è più normale, mentre risaliamo il primo tratto fino allo sperone di roccia verticale, un’altra giornata favolosa ci offre una splendida vista sul Garda dove spicca il monte Brione completamente illuminato. Raggiunta la cima altra sequela di foto. Studiando la mappa sulla carta avevo notato un sentiero di discesa che parte proprio in prossimità della croce, il sentiero dei Geroni, che si tuffa letteralmente di sotto verso Rovereto fino a raggiungere la strada forestale Fontanele, mi fa impressione guardarlo sulla carta non oso pensare cosa sia dal vivo, assolutamente verticale, mi affaccio un attimo, sono visibilmente chiare le tracce lasciate da qualche spericolato sciatore estremo, si qualcuno è sceso per di qua ed in rete ho pure trovato i filmati. Torniamo giù, breve sosta allo Stivo per ricompattarci un pochino, noto i cartelli risistemati in particolare quello relativo ai ramponi e ramponcini, mi raccomando dovete toglierli subito perché le punte rovinano il tavolato per chi non lo avesse capito. Puntiamo il crinale di discesa mentre dietro di me si forma una piccola fila. Sulla destra diverse tracce affondano sulla neve verso malga Stivo, ma noi proseguiamo dritti con l’intento di fare la discesa lungo il crinale fino alle Prese. Raggiunta la prima forcella (0.54 km, 1900 mt, 12′) procediamo lungo il crinale verso il punto dove si innesta la traccia di salita da malga Stivo da noi percorsa ieri (0.7 km, 1864 mt, 14′). Percorriamo ora un tratto all’ombra coperti dalla punta estrema del crinale dietro alla quale sono presenti delle fortificazioni del 15-18 (0.9 km , 1840 mt, 18′), le avevo viste sulla carta e mi ero ripromesso di visitarle durante la discesa, ma me ne sono dimenticato anche perché chi sta davanti sembra abbia fretta di scendere. Ad ogni modo torniamo al sole e davanti a noi si prospetta la lunga discesa verso località Le Prese ben visibile in fondo alla foto al limitare del bosco. Raggiunta località Le Prese (2 km, 1487 mt, 43′) faccio una foto verso l’alto, i nostri amici sono ancora in cima, questo la dice lunga sulla velocità con cui siamo scesi, ma le trincee? Ormai è troppo tardi. Prendiamo quindi a sinistra, ripercorriamo la strada verso il parcheggio accompagnati dalla nostalgia dei bei momenti trascorsi nelle ultime ore, ma con in tasca il ricordo di quel tramonto e di quell’alba rimasta scolpita nella memoria, come dimenticare quell’attimo in cui ho alzato lo sguardo ed ho visto quelle nuvole colorate, che meraviglia, superiamo la stradina per il torcio (2.76 km, 1337 mt, 55′) il bivio (3.1 km, 1299 mt, 1h), la fontana di Verle (3.14 km, 1290 mt, 1h 2′) ed arriviamo al parcheggio.

Parcheggio Sant’Antonio (3.7 km, 1245 mt, 1h 8′)
Bellissima due giorni supportata da un tempo meraviglioso che ci ha permesso di godere dei fantastici panorami visibili da questa cima. Ciao a tutti alla prossima.

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